16 giugno 2006

Due giorni a Genova.

Per motivi che qui non dirò, ho passato due giorni a Genova. Due giorni pieni pieni.
A Genova è estate, più estate che a Torino.
Me ne sono accorto quando sono andato a prendere la Vespa dal garage, e mi sono messo nel traffico cittadino: ai semafori, le ragazze in scooter hanno la pelle abbronzata e i capelli più chiari.
Il giorno a Genova vcomincia presto, e con riti antichi. Poco dopo le 7 in via Albaro la gente è già per strada: chi dal fornaio a comprare pane e focaccia, chi alla fermata dell'autobus, chi in edicola a comprare il Secolo XIX.

Questo curisoso quotidiano genovese risulta illeggibile a chiunque non lo abbia letto almeno negli ultimi trent'anni. Poi ci si fa il callo, ci si abitua agli articoli incrompensibili e alle notiziole di cronaca locale, e non si riesce più a leggere il Corriere della Sera.
Ma girare col Secolo sottobraccio, fermarsi all'attraversamento per tentare di scorgere qualche faccia nota e fare rientro a casa passando davanti ai fiori di Pittaluga sono piaceri che non mi concedevo da tempo immemore.
Come fermarmi in chiesa.
Prima delle 8, la chiesa di San Francesco d'Albaro è inaspettatatmente frequentata: nella penombra profumata d'incenso, ci sono beghine, ragazzi in t-shirt e manager abbronazati con il Rolex, ognuno col proprio tempo e il proprio modo.
La chiesa è anche il campetto della parrocchia dove hanno giocato a pallone con il Tango (quando andava bene) o il Supertele (più frequentemente) decine di generazioni, e se non era la partita di calcetto era il pomeriggio con l'azione cattolica.

E accanto al campetto non poteva mancare il cinema parrocchiale, oggi sala d'essai, dove dagli 8 anni in poi mi sono formato come spettatore con pellicole come L'impero del sole, Ritorno al futuro, Tron, Labyrinth, La storia infinita, E.T., i Gremlins, Critters - Gli extra roditori e i Goonies.
Sala in cui gli amichetti più fortunati occupavano le ultime file (le prime tre erano in legno) per limonare con la ragazzina del momento.
Insomma, erano cose. Cose che non rivedevo da una vita.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Mi fermo sull'ultimo punto. Per me, come sai, quel cinema è un ricordo più recente. Ma altrettanto caro. Il mio primo lavoro vero, quale che fosse e che non è più, pur essendo lo stesso. Che permetteva momenti irripetibili: come quando, con la bomboletta nero opaco, abbiamo verniciato le copertine del mio libercolo, sul marciapiede. O momenti come quando guardavo sgomento il tuo PX abbandonato aperto, le chiavi nel quadro, il casco sulla sella; "...siamo ad Albaro" dicevi. Io, che venivo da Cornigliano, blindavo il Rally e lo guardavo a vista. Per non parlare di un pennello per il trucco, trofeo e feticcio, caduto da una Mercedes SL500.

Giuseppe ha detto...

son cose...
l'importante è averle vissute, no?
e magari ricapiteranno
saluti dalla cabina.