16 ottobre 2008

Reti sociali e vetri rotti.

In più occasioni ho riflettuto su come l'esposizione della mia vita sulla Internet, sia attraverso il mio sito che nelle reti sociali a cui sono iscritto (Facebook per ultima ma in questi anni ce ne sono state altre), mi abbia riavvicinato a persone che appartengono al mio passato.

Un passato che, in qualche caso, è divenuto tale perché il tempo scorre e i nodi si allentano fino a sciogliersi. Allora è dolce ritrovare un sorriso che pensavo perduto e invece è ancora lì, solo circondato da qualche ruga in più, ma ancora capace di illuminare una stanza buia e di scaldarmi il cuore con un'abbraccio o un'e-mail.

Altre volte il passato è divenuto tale perché le cose non sono andate bene né come le immaginavo. Un distacco, un litigio. Un'amicizia che finisce e si porta dietro una lunga scia di rancori e rimorsi, che nei giorni e nei mesi si assottiglia, ma senza mai sparire. E' come se un piccolo, costante dolore continuasse a pulsare da qualche parte dentro di me, ricordandomi, giorno dopo giorno, gli errori che ho commesso -- e sono tanti -- ma anche le mancanze che non mi sono state perdonate. Chiamiamola sfortuna. Così, per non cadere nella tentazione di chiamarla ingratitudine.

Nel mio passato ci sono amicizie finite.

Ho più volte cercato di farmene una ragione. Ammettendo di aver sbagliato e che quello era il prezzo da pagare. Cercando di convincermi che la vita non è come un libro o un film dove i sentimenti sono abbastanza forti da vincere su tutto e resistere al maltempo. No: l'amicizia è come un amore e spesso nemmeno dei migliori, non è incondizionata, non è immortale. Un'amicizia può finire, rompersi in mille piccoli pezzi e scivolare in un silenzio ostile.

Ed è da questo passato, vecchio di più di dieci anni, che sono riemersi alcuni amici di allora. Con passo leggero. Con poche, sussurrate parole. Un saluto, un come stai oggi. E con un carico di ricordi. Pesantissimo. Immagini nitidissime, parole che mi sembra di avere appena ascoltato. Gli odori. Quelli, poi. Che se chiudo gli occhi mi sembra di tornare a vent'anni, ad annusare forte la vita e con ancora tutto da fare.

Questo passato mi agita. Mi crea un senso di eccitazione molto diverso dalla malinconia da album di vecchie foto. E' tutto talmente reale. Mi sembra quasi di potermi sporgere e toccare con una mano tutto il mio passato.

Sarei un vigliacco e un bugiardo se maledicessi le reti sociali per avermi mostrato, dopo tanti anni, quelle che un tempo erano amicizie fatte di ore trascorse insieme, racconti, confidenze, sogni e che oggi sono sensazioni incorporee, comunicazioni a distanza, ricordi.

Ma dove vanno le amicizie finite quando non le vediamo più? E cosa succede alle amicizie finite, interrotte, infrante, quando le si incontra sulla propria strada a distanza di anni? Che cosa si può fare: correre loro incontro, accennare un saluto o cambiare strada? E' proprio vero, come cantava Enrico Ruggeri, che non s'aggiusta un vetro rotto in due? Oppure, come è umano sperare, avrò ancora una chance di rimettere insieme un'amicizia che, per un gesto sbagliato, è caduta andando in pezzi?

Voglio sperare.

Voglio che almeno un po' di quelle speranze, che riempivano la mia vita di ventenne e il mio cuore di amico pronto a tutto, tornino a pulsare forte dentro di me e spingano la mia mano tesa, con un gesto che non chiede perché e non aspetta nulla. Nemmeno che un'altra mano la stringa.

Sono forte abbastanza per rassegnarmi ad un altro fallimento, a ritrovarmi a contemplare nient'altro che un vetro rotto che non sono stato in grado di aggiustare. Entrerà un po' di freddo. Non potrà essere peggio che contemplarne i pezzi sparsi a terra, senza nemmeno la forza di raccoglierli in un angolo e buttarli via.

5 commenti:

Anonimo ha detto...

... qualche ruga in più ce l'avrai tu!

Anonimo ha detto...

Pippo, tuo malgrado mi hai fatta piangere, scusa se te lo dico. Questa volta ti sei seduto stanco su un gradino della vita, proprio davanti a noi e ti sei raccontato veramente, ci hai aperto il tuo cuore. Grazie. Commenterò questo tuo post quanto prima perchè merita di essere commentato. Anonima Sfigata.

Giuseppe ha detto...

grazie anonima. come sempre sei molto sensibile e delicata nei tuoi commenti. mi piace la metafora del gradino della vita.

Anonimo ha detto...

Buongiorno Pippo, so che ti avevo detto che avrei commentato il tuo post, ma rileggendo le cose che hai scritto ho l'impressione di averle scritte io (allora, come si può commentare se stessi?) perchè ho provato e provo le stesse sensazioni, sapessi quante amicizie più o meno sincere mi sono sfuggite di mano apparentemente senza un perchè, quanti errori ho commesso e continuo a commettere consapevolmente, quante le occasioni perdute! Navigando, ho trovato un passo tratto dal "De Amicitia" di Cicerone, l'autore latino che, assieme al mitico Catullo, ho sempre apprezzato quando ero una liceale spensierata, ecco, vorrei che fosse lui a parlare per me di certi argomenti. Scrive Cicerone:


Così si comprende che la natura stessa non ama assolutamente la solitudine e s'appoggia sempre a qualcosa, come ad un sostegno; a qualcosa di dolcissimo, quando si tratta di vere amicizie.

Eppure nonostante che la natura dimostri chiaramente per tanti segni che cosa voglia, che cosa cerchi, di che abbia bisogno, noi, non so neppure in che modo, rimaniamo sordi, e non ascoltiamo i suoi moniti.
Di varia natura e molteplici sono le relazioni tra amici e si danno spesso motivi di sospetto e di offesa; sospetto e offesa che il saggio talvolta sa evitare, minimizzare talaltra e altra volta sopportare.

Così bisogna convincersi che in amicizia non esiste peste maggiore dell'adulazione, delle lusinghe e della cortigianeria; e, volendo, possiamo bollare con un'infinità di nomi questo difetto delle persone leggere e false, che parlano sempre per compiacere, mai per dire la verità.

Ma distinguere e riconoscere un amico compiacente da uno sincero, fatta la dovuta attenzione, è possibile quanto il distinguere qualsiasi oggetto imitato e falso da uno genuino e vero.
L'assemblea popolare, di solito sa giudicare la differenza che passa tra un democratico, cioè tra un cittadino compiacente e leggero, e uno coerente, austero e dignitoso.

In amicizia se non trovi, come si dice, un cuore aperto, se non ti presenti tu stesso a cuore aperto, non puoi credere in nulla di certo, non sei sicuro di nulla, neppure di amare ed essere amato, dal momento che ignori quanta sincerità vi sia in quei sentimenti.

Perché un'adulazione sfacciata non c'è chi non la scopra, ma dall'adulatore astuto e subdolo bisogna guardarsi attentamente, perché non riesca ad insinuarsi.
E neppure è proprio facile scoprirlo, perché spesso adula mentre contraddice, lusinga fingendo di litigare e alla fine si arrende e si da per vinto, perché l'amico ingannato creda di aver visto più lontano.
Non c'è cosa più vergognosa dell'essere ingannato, e bisogna stare attenti.
Mi hai raggirato, oggi, mi hai ingannato peggio di tutti quei vecchi scemi da commedia!
Perché anche nelle commedie il personaggio più stupido è quello dei vecchi malaccorti e creduloni.

E' la virtù che concilia l'amicizia e la fa durare.
In essa sta la perfetta armonia, in essa la stabilità e la costanza.
E' la virtù che quando si è mostrata in tutto il suo splendore, quando ha individuato e riconosciuto in un'altra persona la sua stessa luce, gli si avvicina e la accoglie a sua volta.
Da questo incontro divampa l'amore, o l'amicizia, se preferisci, perché la ragione etimologica delle due voci sta nell’amare"; e amare non è altro che avere cara la persona cui si vuol bene, ma senza interesse, senza secondi fini.

Questo avevo da dirvi sull'amicizia.
E la virtù, senza di che essa non può esistere, io vi esorto a porla tanto in alto da convincervi che, eccettuata lei, non v'è cosa più bella dell'amicizia.

Giuseppe ha detto...

grazie per il commento ciceroniano, avevo tradotto questo passo al liceo...