21 luglio 2009

Appello a Endemol: Berté, fatela finire sul lastrico.

Loredana Berté rilascia un'intervista a Sorrisi e Canzoni in cui chiede (implora) a Endemol, la società che organizza il reality Grande Fratello, e a Alessia Marcuzzi, sua storica presentatrice, di prenderla alla prossima edizione dello show.
Motivo: la cantante è fortemente indebitatata e teme di fare la fine di Michael Jackson: morire sola e piena di debiti.
A suo dire:

Sono rimasta senza soldi, ho un mutuo bimestrale da pagare di 8.500 euro.
Le alte spese condominiali mi hanno quasi ridotto sul lastrico. In casa non ho più i mobili, nè la cucina per poter mangiare. I rapporti con i vicini sono pessimi. Ogni scusa è buona per mandarmi la polizia.

La Berté, che i più coraggiosi hanno avuto lo stomaco di vedere a X-Factor (trasmissione a cui presumo abbia partecipato dietro a lauto compenso), vede quindi nel reality show l'unica via d'uscita per la sua precaria situazione economica.

Rivolgo un appello a Endemol e alla sig.ra Marcuzzi: non considerate la candidatura di Loredana Berté per la prossima edizione del GF. Lasciate che se la cavi, o che faccia definitivamente naufragio. Lasciate che provi (o faccia finta di provare) quello che milioni di italiani provano quotidianamente sulla propria pelle: la paura (e la vergogna) di non arrivare a fine mese, di dover fronteggiare debiti che crescono, di pagare la rata del mutuo (magari 800 euro al mese per un trilocale, non 8500 al bimestre per chissà cosa).

Lasciate che i meno critici si accorgano che la Berté ha e ha sempre avuto molto poco da offrire al mondo in cambio di tutto quello che ha avuto: attenzione, interesse, fama, soldi, successo. A quanto pare, sembra che l'egocentrica calabrese abbia dissipato senza rispetto tutti i doni che la vita le ha dato.

Saprà la signora Berté quanti musicisti seri e preparati non hanno mai avuto e mai avranno la possibilità di esprimere la propria arte e il proprio talento in Italia? Non è forse la sua personale vicenda uno schiaffo alla miseria della cultura musicale moderna?

Adesso l'unica merce di scambio di Loredana Berté con il gettone di presenza del GF (e forse qualcosina dagli sponsor, e forse non sempre alla luce del sole, chissà) è la compassione per la miseria in cui racconta di versare. Non ha un talento o una capacità da offrire né un lavoro, un impegno, un progetto: solo la speranza di poter stare ancora una volta al centro dell'attenzione (richiamata a squarciagola con qualche consumato trucchetto) per arraffare qualche quattrino e tirare a campare.

Spett.le Endemol, sig.ra Marcuzzi, non prendetela. Dimostrate che la diceria secondo cui lo star system è spietato è ancora vera. Lasciate che si arrangi. Anche se il GF non è esattamente una fucina di virtuosi, la Berté è tra i peggiori esempi che si possa dare a questo Paese.

Cercate qualche giovane lampadato o una ventenne con il seno rifatto. Ci sarà comunque da rimestare nel torbido a sufficienza.

17 luglio 2009

Grillo, le tessere, lo statuto.

L'anziano clown è riuscito in qualche modo a iscriversi al PD: una piccola sezione di un piccolo paesino in provincia di Avellino gliel'ha concessa.
Ora dicono che l'iscrizione non è valida perché contraria allo statuto. E allora perché il locale circolo ha disatteso le direttive e ha accolto il brizzolato buffone?
Rimpiango il PCI: a quei tempi un no era un no, e per i disobbedienti c'era l'espulsione.

14 luglio 2009

Carfagna, dal calendario al libro il passo è breve.


Per la serie, il lupo perde il pelo ma non il vizio. Mara Carfagna, Ministro della Repubblica, qualche anno dopo essere apparsa sul calendario di Max, manda alle stampe un volume autocelebrativo del suo anno di attività di governo.

Cambiano l'editore (da Max o chi per esso alla Presidenza del Consiglio dei Ministri), i costumi di scena e le location, ma per il resto è sempre lì a dire quanto sono bella, quanto sono brava.

Fa piacere vedere in quale cesso vengono buttati i soldi delle mie tasse. Farà sicuramente molto piacere anche ai terremotati dell'Aquila e ai parenti delle vittime di Viareggio, in attesa di gesti concreti da parte del Governo.

Grillo e l'assedio del PD.

Grillo ha trascorso gli ultimi due-tre anni della sua convulsa attivita' (in)civile lanciando critiche, offese e invettive al sistema dei partiti. Ora bussa alla porta del PD per candidarsi alle primarie. Fa dello spirito, scherza sulla quota di iscrizione. Fa il clown, insomma. Di programi neanche l'ombra. Figuriamoci.
Il posto di segretario e' vacante cosi' come nel PD e' vacante da anni una classe dirigente minimamente credibile o alla quale sia riconosciuta una qualch autorita'.

C'e' da augurarsi che quel che rimane del PD non cada nella facile tentazione di assecondare le voglie del capopopolo consentendogli di accedere alle elezioni primarie. Non c'e' da temere tanto per il PD, ridotto ormai all'ombra di se stesso e incapace di qualunque iniziativa politica, quanto per le istituzioni, gia' messe a dura prova e spogliate di decoro e credibilita'.
La candidatura di Grillo con il suo (largo) seguito di indottrinati puo' portare ad una involuzione del Paese in senso antidemocratico, populista e antipolitico.
Non sono queste le premesse per il rinnovamento della classe politica e delle istituzioni che da piu' parti e da tempo si auspica con forza.
Grillo non e' la soluzione ad un problema, ma una facile scorciatoia per non affrontare i reali problemi del Paese e di quell'eredita' democratica che anima ancora partiti e movimenti politici.

08 luglio 2009

Jacko e Viareggio, due funerali senza un corpo.


In queste ore si stanno celebrando due importanti cerimonie funebri che sembrano non avere nulla in comune.

A Viareggio, circa 30000 persone tra familiari, conoscenti e cittadini, si stanno stringendo intorno alle bare delle vittime del recente disastro ferroviario. Una cerimonia solenne, sobria, ordinata pregna di dolore e commozione. Tragicamente, la manifestazione simbolica di quel senso di civile solidarieta' che gli italiani sanno ancora provare e dimostrare nei momenti piu' difficili.

A migliaia di kilometri di distanza, nell'assolata California, si prepara e celebra un altro funerale: quello di Michale Jackson. Organizzate in uno stadio -- luogo enorme, disperso, pubblico e festoso per definizione -- per accogliere il numero impressionante di partecipanti, le esequie di Jacko sono in in realta' e prima di tutto un evento mediatico con un importante impatto economico (permetteranno di rientrare dei costi sostenuti per i concerti gia' programmati e per i biglietti da rimborsare). E' anche una vetrina per lo star system che sfilera', compreso nel proprio ruolo di orfano, tra musica e vacue parole di circostanza.

Due eventi diversissimi tra di loro, in luoghi lontani e con motivazioni differenti. Eppure vi e' qualcosa che, ai miei occhi, li rende comuni: ad entrambi i funerali, salvo sviluppi e cambiamenti, manca un corpo. E' quanto apprendiamo dalle news e dalla stampa.

Andrea Farloni, 50 anni, elettricista, stava portando a spasso il cane quando e' stato investito dall'esplosione del carro merci alla stazione di Viareggio. Dato a lungo per disperso, di lui non si sono trovati i poveri resti. "Non avremo nemmeno un corpo su cui piangere", ha giustamente lamentato la famiglia.

Il corpo di Michael Jackson non sara' da subito presente alla cerimonia-show che celebra la sua scomparsa. Il funerale si svolgera' in forma provata al Forest Lawn, il cimitero dei VIP, e solo dopo la bara sara' portata, in forma di feticcio, allo Staple Centre. Dove non ci sara' un funerale, ma una festa molto redditizia.

Ecco, due modi diversi con motivazioni del tutto distanti per cui un corpo, le spoglie mortali di un essere umano, sono sottratte al rito del saluto da parte della comunita' dei vivi. E' questa assenza -- o mancanza -- che ha colpito la mia mente nella cronaca degli utlimi giorni.

In mezzo c'e' un abisso. Un terribile incidente ha cancellato i resti mortali (non il ricordo e l'affetto) di un privato cittadino, un artigiano, un uomo della strada. Uno che portava a spasso il cane. Scommetto che aveva anche il sacchetto di plastica annodato al guinzaglio, per non lordare la strada. I parenti vorrebbero un corpo su cui piangere.

Al di la' del mare -- di questo abisso mediatico e culturale -- il corpo di un essere parossistico e caricaturale, oberato dai propri debiti, inebetito da un'esistenza quantomeno discutibile, viene sballottato e trasformato in un iconico totem da esporre in pubblico, per poter vendere qualche gadget in piu'.

Ai fan della popstar poco importa se la bara c'e' o non c'e': lo star system impone l'iconografia, e questa immaginifica e surreale protesi basta e avanza per ballare fino al mattino. E per dire: io c'ero.

03 luglio 2009

Carlos Ruiz Zafón, L'ombra del vento.


Se cercate il titolo di questo libro su IBS troverete più di 500 tra recensioni accurate e brevi commenti. Il potere del web. E allora a cosa serve un'altra recensione di questo bestseller?
Nella migliore delle ipotesi, a nulla. Se non, forse, a mettere nero su bianco (o bianco su nero, dato il layout del mio sito) il mio parere sul caso letterario spagnolo: L'ombra del vento è di gran lunga il peggior romanzo (d'appendice, s'intende) che abbia mai letto. Anzi, a voler essere sinceri, non l'ho nemmeno finito di leggere: in un gesto di pietà verso me stesso, mi sono dispensato delle ultime inutili, penose, farraginose 30 pagine.
La sinossi ve la cercate su Wikipedia, da bravi.
Veniamo al succo.
Questa cartaccia avvolta in una copertina abbastanza oscena si discosta poco, per qualità, contenuti, stile, apporto creativo e messaggio, ad un volume della collana Harmony, della quale, purtroppo, non condivide il prezzo popolare.
I dialoghi sono qualitativamente inferiori solo a quelli dei primi Diabolik e Satanik, fumetti che peraltro conservano una ruspante sincerità.
I personaggi, poi... Variano dalla caricatura pseudofiabesca (il clochard erudito, il poliziotto violento) alla più completa inconsistenza (il protagonista Daniel, che si innamora prima di una cieca poi di una vecchia e infine della sorella di un amico; ma dai, ci mancava la dottoressa del comando militare e faceva poker).
Chiude in bellezza, si fa per dire, una storia che non ha né capo né coda, del tutto slegata dal contesto storico in cui è ambientata. Siamo nel '45, pergiove, mica una data qualunque.
La conclusione viene da sé. L'ombra del vento è una lettura adatta a chi già si dedica a contenuti del medesimo livello e spessore, come l'elenco telefonico di Parma o i romanzi di Coelho. Ma ancora meglio sarebbe evitare di leggere e comprare questo imbarazzante blocco di carta rilegata.
Con gli stessi soldi, compratevi un Happy Meal da McDonalds: fa schifo uguale, ma almeno c'è dentro il pupazzetto.