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22 novembre 2014

Liutai a Torino: come far suonare (meglio) una Taylor un po' spenta.

Il succo è che ancora una volta il bravo Giorgio Avezza liutaio in Torino mi ha risolto un problema, come aveva fatto in passato. Ma serve una premessa. Mettetevi comodi, oppure saltate a fine pagina.

Ad inizio 2014, l'attività con il mio gruppo No Hidden Fees stava andando benino, con qualche data in programma e un repertorio in crescita. Per questo ho deciso di farmi un regalo e di sostituire la mia onesta Seagull S6 QII con una chitarra di livello superiore. Dopo aver provato alcune Martin, Tanglewood, Breedlove, Larrivèe e Taylor, e soprattutto dopo aver ascoltato decine di registrazioni di svariate chitarre acustiche, mi sono orientato su una Taylor di fascia media (in legno massello) e mi sono messo alla ricerca su Mercatino Musicale.

Il suono Taylor è caratteristico e distinguibile (come quello Martin, d'altronde), ed è quello che si sente in circa la metà (faccio per dare un'idea) dei dischi pop e rock che abbiano parti acustiche; in più Taylor offre uno dei più sofisticati e naturali sistemi di amplificazione onboard, l'Expression System. A differenza di altri sistemi, combina i seguenti trasduttori:
- 1 pickup magnetico installato alla base del manico
- 2 trasduttori piezoelettrici montati sotto la tavola armonica (disattivabili separatamente dalla board interna tramite microswitch).
Quando ho trovato una 312CE usata ma praticamente nuova (nel senso che non era mai stata usata), l'ho presa al volo.

Non posso dire di esserne stato deluso. Una chitarra ben costruita, ergonomica, con un manico comodo, meccaniche eccellenti, tutta in massello. Ma non particolarmente risonante.
A questa constatazione sono arrivato dopo mesi e mesi di prove.
Prima di tutto, ho acquistato e provato tutte le marche e scalature di corde: Martin, D'Addario, Ernie Ball, Ernie Ball coated, no-brand, Rotosound, Gibson... l'elenco può continuare. Ho spaziato dalle 0.10 alle 0.12.
Strumento ottimo al canto, equilibrato ai medi, ma povero di bassi. Poco risonante ai bassi. Con un MI quasi spento. Un sustain cortissimo e debole.
I continui cambi di corde portavano miglioramenti effimeri: dopo un paio d'ore, persa l'iniziale brillantezza, i bassi tornavano muti.
Insomma, non si può dire che stavo ottenendo il suono che ci si aspetta da una chitarra di quella fascia. Di acustiche ne ho avute, e il vecchio muletto Ibanez PF10, costatami la bellezza di 50 euro, ha bassi decisamente più ricchi e profondi, ma soprattutto una risonanza a cui la Taylor non si avvicinava nemmeno.
Capirete che un po' ho storto il naso.

Nel frattempo sono andato anche per i canali tradizionali, ovvero i laboratori dei liutai. Mesi fa mi sono recato da un noto liutaio in Torino per un check generale. Alla mia domanda se trovasse normale un sustain cosi' moscio su una chitarra che costa uno stipendio, la risposta è stata più o meno che oggi tutti gli strumenti industriali prodotti in serie, su quella cifra suonano così, fine. Non ero molto soddisfatto della risposta. Ho sentito altre Taylor 312 suonare, ed erano meglio della mia.

Una frequentazione sul magnifico Unofficial Taylor Guitar Forum mi ha fatto capire due cose: la prima è che ero l'unico non soddisfatto del suono Taylor tra i tayloristi :-) e la seconda è la necessità di sostituire il ponticello originale Tusq con uno dei ponticelli prodotti dal mitico Bob Colosi.


Questo signore lavora a macchina ponticelli in osso e (ahi) avorio per la maggior parte delle marche, assicurando incrementi di tono e sustain. Su una cosa concordo: i ponticelli Tusq sono prodotti industriali economici, di discreta qualità, montati da dozzine di marche e modelli tutti diversi. Possibile che su uno strumento di un certo livello ci sia lo stesso componente che si trova su una chitarra da 300 euro o giù di lì?

Una volta ricevuto il ponticello di Bob mi sono messo al lavoro per adattarlo alla mia Taylor. Grazie al cielo, negli anni ho acquisito una certa dimestichezza e precisione in queste lavorazioni per cui, nel giro di qualche ora, il mio ponticello in osso naturale sbiancato era pronto per essere montato sulla mia Taylor, insieme ad un set di corde nuove (Rotosound 0.11-0.52,  acquistate tempo fa su consiglio di un altro liutaio).
Ad onor del vero, qualche miglioramento c'è stato. Sono riuscito a prolungare un po' il sustain e ad avere più presenza di bassi. Ma ero lontano da quanto mi aspettavo sia dal ponticello custom che da una chitarra di questa fascia. Non sto dicendo che i ponticelli di Bob non siano di buona qualità, e forse lo avevo modellato con sufficiente accuratezza dal momento che, montato sulla Ibanez, fa egregiamente il suo lavoro. Come mi spiegava Giorgio, è probabile che la densità ossea di quel componente non fosse del tutto consonante con la struttura della chitarra.

Questo video (*) è stato registrato qualche settimana fa. La Taylor montava un set di corde Rotosound usate per circa 3-4 ore il ponticello in osso realizzato da Bob Colosi.



Siccome non volevo dichiararmi sconfitto, ho continuato a cercare la soluzione.
Su un fronte, mi sono confrontato via internet con alcuni esperti, sia sul forum di cui sopra che al servizio clienti Taylor americano ed europeo (gentili e disponibili, ma la chitarra era comunque fuori garanzia, quindi potevano fare ben poco). Ho registrato un primo video per far capire che cosa intendessi in effetti quando lamentavo problemi di sustain.

Ho ottenuto due feedback da questa registrazione:
  • utenti del forum e comuni mortali hanno confermato la mia percezione di mancanza di sustain. Mi hanno dato mille consigli e suggerimenti, dimostrando di farsi carico di questo problema. Il bello di Internet!
  • da tutti i canali ufficiali ho ricevuto sempre la solita risposta: "Stai usando le corde Elixir HD?" Ok, le monterò, ma tutto il resto?
Ora, una breve digressione sul tema. E' vero, questa Taylor è venduta con corde Elixir HD, prodotto sviluppato congiuntamente delle due aziende, e tutti consigliano di usare Elixir, e anche i liutai le montano ecc. Va benissimo. Ma,  a parte che costano 30 euro a muta (5 euro a corda...) e che hanno una scalatura esagerata, c'è un aspetto di fondo che mi infastidisce: se una chitarra funziona correttamente (ergo: suona!) con una e una soltanto marca di corde, delle due l'una: o è un errore di progettazione,  o è un vincolo inaccettabile. Sarebbe come acquistare un'automobile di fascia media che, se rifornita con un particolare carburante difficile da trovare e super costoso, va a 150 all'ora; ma se metti nel serbatoio benzina acquistata ad un distributore qualunque, va a 60 all'ora e poi si ferma. Le chitarre, come ogni strumento a corda, devono funzionare con qualunque marca e scalatura per quello strumento. E' una scelta del musicista. Non è accettabile che un musicista adatti il proprio stile ad un prodotto. Fine della digressione. 
Dall'altro fronte, non ho voluto demordere con il parere de visu e, ricordandomi del grande Giorgio Avezza, mi sono deciso di andarlo a trovare nel suo laboratorio a Torino, un luogo per me magico e così ricco di dettagli, utensili, strumenti e materiali da osservare ed annusare che quasi si rischia di scordare il motivo della visita. Perché in fondo in fondo io non ho mai smesso di credere che quella chitarra potesse suonare meglio, e per me stava diventando un pensiero costante.

Giorgio, che è una persona esperta e paziente, ha anche la grande virtù di saper ascoltare. Così, dopo aver ascoltato la storia e tutti i miei tentativi, ha iniziato ad ispezionare la chitarra, centimetro per centimetro, spiegandomi il comportamento dei legni, il ruolo dei volumi e un sacco di altre cose affascinanti, e ammettendo che la tavola vibrava proprio poco ma che si trattava di un bello strumento. Poi, con grande onestà, mi ha detto: "Lasciamela due settimane; voglio suonarla con calma, e capire che cosa posso fare. Se ci sono lavori grossi, che vorrei evitare, ti chiamo prima di intervenire. Se vuoi, montiamo le Elixir, altrimenti proviamo prima con le Martin e poi decidi".

Nessuna presunzione del tipo "aggiusto tutto io" e neppure i soliti e facili luoghi comuni "ormai è tutta roba industriale" che ho sentito varie volte, ma solo l'interesse ad analizzare e risolvere un problema.

Esattamente due settimane dopo (per voi, che valore ha la puntualità?), mi ha scritto che forse aveva ottenuto qualche risultato e di passare a provarla. Mi ha spiegato che a suo parere il ponticello non era in grado di trasmettere sufficiente energia alla tavola armonica, che infatti risuonava poco, e quindi ha provato a sostituire nuovamente il ponticello, usandone uno nuovo in osso di bufalo. Nessun segreto: lo ha comprato in Internet e poi lo ha adattato, certo con molta più perizia e accuratezza del sottoscritto. Poi ha sistemato il cablaggio dell'amplificazione che era un po' libero e provocava vibrazioni. In sostanza, è riuscito a risolvere un problema oggettivo in modo non invasivo ed economico, laddove altre persone lo avevano liquidato con frasi abbastanza preconfezionate. Direi che il lavoro di Giorgio, in fin dei conti, è stato 90% analisi, ascolto, esperienza, osservazione, e 10% intervento manuale. Avrebbe potuto montare una muta di Elixir nuove e brillanti e dirmi: "da specifiche, queste sono le sue corde, senti ora come suona". Ora, appunto. Ma non sarebbe stata una soluzione.

Il risultato è stato notevole. Si è sentito subito. Nonostante la muta di corde Martin FX montate fosse stata suonata a lungo e abusata (vari smontaggi e rimontaggi nei piroli), il suono, il tono e il sustain dei bassi erano cambiati, migliorati. Soprattutto il sustain, più lungo. E' bastato appoggiare una mano sulla tavola all'altezza del ponticello per sentire la tavola armonica vibrare come non aveva ancora fatto. I bassi non si smorzano più, ora il suono e' ricco, caldo ed equilibrato. Lo sapevo che una Taylor non poteva non suonare!

Questo secondo video * è stato registrato qualche fa. E' sufficiente confrontarlo con il primo per sentire quanta energia in più le corde riescono a trasmettere alla tavola e allo strumento in generale; il suono è più pieno e completo. Avendo un maggiore sustain sui bassi, la resa tonale complessiva è finalmente equilibrata e non squillante. Questo facilita di molto sia gli accompagnamenti che gli arpeggi in fingerstyle che precedentemente soffrivano della mancanza del MI basso.



Se siete arrivati fin qui, siete chitarristi o appassionati, e quindi potete capire la mia soddisfazione nel vedere cosi' migliorato uno strumento a cui tengo molto. Alla fine non so se fossi più soddisfatto io o Giorgio, che si è dedicato con passione a questo lavoro, e si è reso davvero conto quanto per me quel tono smorzato fosse diventato un cruccio.

Questa storia insegna due cose. La prima è che c'è un fondo di verità nell'affermare che la produzione in serie di strumenti musicali di fascia media e di marchi famosi non è una garanzia di qualità, e per due motivi. Uno, usano materiali (come i ponticelli Tusq) che non sempre vanno bene per ogni strumento. Due, i controlli di qualità non devono essere così scrupolosi. La mia Taylor ha verosimilmente lasciato lo stabilimento con le stesse caratteristiche tonali di quando l'ho acquistata: possibile che nessuno al QC si sia detto: "Ehi, qui siamo un po' corti di sustain, diamoci da fare"?

La seconda cosa è trovare una persona animata dalla passione degli strumenti come Giorgio Avezza non è facile, e per questo mi considero fortunato. Pensare che ero quasi convinto di vendere la Taylor e passare ad altro!

Il prossimo video, se e quando riuscirò, sarà con le famigerate Elixir HD. Come detto, parti prevenuto: temoc che la scalatura sia troppo spessa, la tensione eccessiva, a scapito della capacità della tavola armonica di vibrare. Vedremo.

(*) Mini disclaimer: i due video , ovviamente, hanno la sola funzione di dimostrare il cambiamento del sustain nella chitarra, senza pretesa di scientificità né, soprattutto, di abilità tecniche.

11 dicembre 2007

Centomila chilometri (100.000 km).

Ci siamo. La mia Ford Ka 1.3 del 1998 ha raggiunto la meta dei 100.000 km. Meta virtuale perché i chilometri reali sono molto di più, forse 150mila. In foto si vede che le cifre non sono allineate causa manomissione.

Torniamo indietro di qualche anno. Poco esperto ed appassionato di motori, ho scelto questa macchina (di provenienza spagnola) comprandola usata da un grosso concessionario di Genova. Il contachilometri indicava 33.600 circa, ma poco tempo dopo ho avuto la conferma che la buona vecchia abitudine dei venditori d'auto di abbassare il chilometraggio è ancora in ottima forma. Ma lasciamo perdere. Non è di quegli sciagurati bugiardi con il cravattone giallo, il gel nei capelli e le scarpe a punta che voglio parlare.

Diciamo che questi benedetti 100 o 150 mila chilometri sono stati percorsi pressoché a cofano chiuso, tipo test Quattroruote (nessun intento scientifico: solo taccagneria). Perché se eccettuiamo il cambio di olio motore, 4 ammortizzatori, 2 freni, un paio di filtri aria e olio e di 4 candele, davvero non rammento interventi seri. E' tutta così come mamma l'ha fatta.
Voglio dire, quando la porto dal meccanico, un bravo cristo di San Mauro, lui mi dice che l'auto va benone. Se lo dice lui.

Certo, ogni tanto il regolatore del minimo (o la valvola cut off o chissà cosa) va in ferie, tenendo l'auto accelerata o facendola spegnere, e anche la scatola dello sterzo mi dà discreti avvertimenti che desidera essere sostituita. E forse i più raffinati potrebbero provare un po' di fastidio per via dei sedili umidi (ma da dove caspita entra tutta quest'acqua?).
Ma alla fine sono inezie.

Mi sono spesso domandato, negli scorsi anni, che sarebbe successo alla soglia psicologica dei 100.000 km. Beh, non è successo proprio nulla. Anzi, ho dovuto fermare l'auto a bordo strada per scattare una foto al contachilometri. Lei mica lo sa che ha 100.000 km. Non è come una donna alla vigilia del quarantesimo compleanno, con dubbi domande e speranze.

Il mio amico Fulvio, che ha una vecchia Opel, mi ha raccontato di aver fatto una cosa bellissima allo scatto dei 200.000 km: fermo su una piazzola di sosta della Genova-Rosignano, è uscito dall'abitacolo, ha stappato un mignon di spumante e aperto una piccola SacherTorte, per festeggiare l'evento. Fermato dalla Stradale, ha spiegato il motivo e ha pure fatto la foto di gruppo. Gliela devo chiedere, uno di questi giorni.

Insomma, dove voglio andare a parare? No, non è uno spottone Ford per la serie le auto migliori del mondo. Vedo però che frizione e distribuzione sono originali (ovvero ci hanno quei km sul groppone) e non sembrano voler girare l'occhio da un momento all'altro. Ogni anno passa il test sui fumi di scarico (ovviamente considerando buoni i parametri che il governo considera come non nocivi), non brucia olio, non fa le bizze.

E' una compagna molto fedele. Troppo vecchia e brutta per attirare l'attenzione dei ladri, troppo Euro2 per poter circolare liberamente senza incorrere in sanzioni di questo o quel governo, troppo stinta per essere una macchina rossa (AndreaD mi dice le macchine rosse vanno più veloci). Ma quando si tratta di trottare su e giù per la Sardegna con 40° all'ombra o portarmi a sciare sulle Dolomiti, poverina, non ha mai fatto una piega.

Ecco, non sono andato a parare proprio da nessuna parte. Ma che importanza ha, dopo tutto?

31 ottobre 2007

Come perdere un cliente al tempo dell'ecommerce - cap. 2.

Ricordate la mia esperienza dell'anno scorso con l'acquisto online di materiale informatico? Quella era finita bene.

Bene, ecco un'altra storia.

Vorrei comprare una reflex digitale, e ricordavo di un negozio di San Marino famoso per i prezzi convenienti.
Come suggerito da alcuni utenti del newsgroup IAF, ho scritto allo staff di San Marino Photo per
manifestare il mio desiderio ad acquistare una reflex e per chiedere un chiarimento: volevo sapere se la garanzia su una Nikon D40x è 3 anni come nella descrizione dell'oggetto o 2 anni come citano le FAQ del sito. Forse è una domanda superflua, ma tuttavia lecita prima di affrontare una spesa di centinaia di euro in un sito che ha molti pregi ma non brilla per ordine, completezza di informazioni e accessibilità.

Ecco la mia mail:

Da Giuseppe Piersantelli
Data 26/10/07 3:37:37 pm
A assistenza@sanmarinophoto.com
Oggetto richiesta info prima di acquisto.

buongiorno sig. giuseppe.
sto per fare il mio primo acquisto sul vostro sito e avrei
bisogno di informazioni.

vorrei comprare una fotocamera nikon d40x con obiettivo
18-55 e vorrei sapere se la garanzia offerta è quella
ufficiale nital, se è valida in italia senza problemi e se
la copertura è davvero 3 anni oppure 2 come scritto
altrove nel sito.
grazie molte

giuseppe piersantelli



Ed ecco l'esauriente risposta dello staff, giuntami 4 giorni fa.


Il messaggio

A: assistenza@sanmarinophoto.com
Oggetto: richiesta info prima di acquisto.
Inviato: 26/10/2007 15.37

è stato eliminato il giorno 28/10/2007 23.28.



Il risultato? Elementare.



CLIENTE PERSO, OVVIAMENTE.

19 ottobre 2007

Tornato.

Chi mi dava per disperso, si tranquillizzi. Sono tornato, sano e salvo. Allora, un po' di outing.
Che ho fatto? Una cosa importante, anche più che importante: mi sono sposato. Poi, dov'ero: in Australia, dove ho scoperto in che senso gira l'acqua nei lavandini.
Forse il mio blog dovrebbe contenere un resoconto dettagliato o le foto del viaggio in Australia. Ma sai che noia?! Se ci riesco (e non è detto perché Blogger sta funzionando a tipo Prinz) pubblicherò qualche impressione e un breve video.
Per ora dico che sono un po' raffreddato ma felice come una pasqua.

04 settembre 2007

Terzo giorno a Venezia.

Dal nostro inviato alla 64a Mostra del Cinema di Venezia.

Stamattina mi ha svegliato un acquazzone di quelli seri. In Piazza San Marco il vento era abbastanza forte da rischiare di finire con le chiappe per terra. Pure la laguna era parecchio agitata. Il vaporetto 82 ballava come un accidenti di guscio di noce. Pensavo che il povero Brad Pitt, su qualche yacht battente bandiera delle Isole Cayman, stesse soffrendo il mal di mare.
Dovrei scrivere qualcosa di culturale? Ma per carità. Film non ne ho visto, celebrità nemmeno. Del giornale leggo solo la cronaca da Garlasco. Però ho dato una mano ai pompieri a risistemare lo stand danneggiato dal vento di questa notte.
Venezia, si diceva. Sì, Venezia, città prettamente diurna, la notte ci sono pochi cristiani in giro, c'è ben poco da fare. Qui si favoleggia di party a tema organizzati per le star, spesso sui grossi yacht ancorati in darsena, ma quelli come me finiscono invariabilmente in trattoria e poi a vedere il tg5 della notte, una situazione molto poco cinematografica, involuta, direi. Pazienza. Allora per rendere le cose più noir e drammatiche, ieri a cena mi hanno scambiato per uno sbirro. Sarà stato per via della giacchetta chiara, penso io. Ho provato a dire che no, io dello sbirro non ci ho proprio niente, macché, mi sono preso gli elogi del ristoratore sullo spirito di corpo, sull'abnegazione della piesse, sul coraggio dei miei uomini e quelle palle li'. Per carità, ci mancherebbe, io pure le condivido. Alla fine ho rimediato lo sconto sulla cena e l'immancabile ci passi a trovare se capita di qui. Ma certo, un giorno su tre sono a Venezia, no?
Magari manderò i miei uomini. Ma non dipende da me. Sa com'è, ordini dall'alto.
Grazie e buonanotte.
E' grande cinema.

28 agosto 2007

Garlaskitsch.

Sbattere il mostro in prima pagina
Polverone
Fiducia nella magistratura
Abbassare i toni della polemica
Provino da veline
L'arma del delitto
Rispettare il dolore delle famiglie
Le indagini degli inquirenti
Senza ombre
Dovere di cronaca
Uno studente modello
Non escludono alcuna ipotesi
Fare tutti un passo indietro
Sporchi di sangue
Un curriculum che parla da solo
Sono stato crocifisso
Giallo su una telefonata
Killer
Gogna mediatica
C'è più chiarezza

18 luglio 2007

ItalyMedia: il portale degli spammer di professione.

Già tempo addietro ho avuto a che fare con lo staff (nelle persone di tal D'Addesio e De Pierro) di ItalyMedia*: li avevo accusati di fare spam (inserivano articoli nei commenti dei miei post), poi uno dei diretti interessati mi aveva mosso a pietà e avevo pure cambiato il titolo del mio post, abbassando un po' i toni della polemica.
Avevo anche scritto un'email di lamentela alla fantomatica redazione del suddetto portale, senza mai ricevere risposta.
Ma siccome il lupo perde il pelo ma non il vizio, ecco che stasera trovo nuovo spam in un mio vecchio post. E' la prova del 9: ItalyMedia è la fucina degli spammer.
Io sono un galantuomo e per due volte li ho perdonati: ma non vengano più a raccontarmi che qualche imbecille gira per la rete copiaincollando nei blog, tra i miliardi di contenuti disponibili, proprio i loro "articoli".
Offro il diritto di replica: se qualcuno di ItalyMedia o di chissà quali altri siti zeppi di pubblicità e link a pagamento ha qualcosa da dire, lo faccia. Le tirate d'orecchi sono finite: il prossimo passo è la querela.

* Non ho certo il tempo di approfondire il rapporto tra D'Addesio e ItalyMedia. Di certo c'è solo che De Pierro risulta direttore responsabile della rivista.

17 luglio 2007

Suzuki V-Strom 650.

Qualche giorno fa ho comprato una moto, la mia seconda moto dopo una storica (e piena di guai) Guzzi V35III che mi ha accompagnato durante l'università, la naja e il primo lavoro.
Dopo molto prove e indagini che qui non sto a raccontare, ho optato per questa grossa ma tranquilla e comoda Suzuki.

Siccome i forum pullulano di pareri entusiasti (oste, com'è il vino?), i moltissimi pregi di questo veicolo trovateveli voi (se vi interessano).
Qui vi dico i difetti che ho riscontrato dopo la prima settimana e i primi 600 km di guida:
  • terminale di scarico gigantesco e ingombrante, altresì noto come la "caldaia";
  • codone sgraziato a tipo Tengai;
  • disco posteriore poco modulabile e potente;
  • assenza cavalletto centrale di serie;
  • cupolino regolabile in 3 posizioni fisse -- nono sono ammesse posizioni intermedie;
  • appendici serbatoio di dimensioni davvero generose, diciamo anche troppo grosse;
  • rapporti troppo corti: in 6a a 130 kmh il motore sta sui 6000 rpm (e avrebbe coppia da vendere)
Il resto è davvero ok, almeno per ora. Appena capisco quanto consuma in extraurbano, aggiorno il post.

16 luglio 2007

Compleanni, marketing e aziende.

Venerdì ho compiuto 32 anni. Un fatto che non ha nulla di straordinario. Eppure, per le aziende anche un compleanno può essere un'occasione di marketing e promozione. Basta saperla usare correttamente.
Infatti ogni volta che ci registriamo ad un sito web, accediamo ad un servizio online, acquistiamo un bene con l'e-commerce o compiliamo un questionario, ci viene regolarmente chiesto di inserire la data di nascita. In questo modo, vendors e aziende sanno quando compiamo gli anni.
Vediamo due esempi dell'uso di questo dato: uno funziona, l'altro no.

Sì. Venerdì leggendo l'email ho notato che un sacco di "amici" di MySpace mi avevano mandato messaggi di auguri, più o meno personalizzati, e mi sono ricordato che nel pannello di controllo di MySpace c'è l'alert che segnala i compleanni degli amici della propria rete: quando X compie gli anni, riceviamo una notifica che ci ricorda che possiamo fargli gli auguri. Una funzione semplice, ma ben strategica in un contesto di social network quale MySpace. Promossa.

No. Per il secondo o terzo anno di fila, anche Vodafone (di cui sono cliente dal 2000), mi scrive per farmi gli auguri di compleanno. E fin qui tutto bene. Le cose peggiorano quando, in un eccesso di magnanimità, mi dice di autenticarmi sul sito 190.it per ricevere in regalo l'attivazione di una delle promozioni attive. Ma già prima di andare alla sezione Servizi e promozioni so che rimarrò a bocca asciutta. Infatti il 13 luglio è troppo tardi per la Summer Card e troppo presto per la Christmas Card con la conseguenza che nessuna promozione è attivabile gratuitamente. E' come se un ospite si fosse presentato alla mia festa con un pacchetto vuoto: gli auguri sa soli sarebbero stati più graditi. Bocciata.

22 giugno 2007

Non riesco a vedere i Black Label Society.

Martedì sera ero seduto in una steak house a prezzi modici di Londra (10oz rump steak, chips, insalata e birra media a 5.49£: a meno c'è la mensa dell'esercito della salvezza). Mentre aspettavo una bistecca di mucca pazza piena di antibiotici e steroidi, ho dato un occhio a un giornale gratuito preso per strada al posto dell'ombrello.
Vado alla voce entertainment, music, e scopro che Zakk Wylde suonava quella sera a Londra. ovviamente non avevo né macchina né biglietto né tempo a sufficienza per andare a vederlo.

In compenso, sabato 30, mentre Zakk salirà sul palco del Gods of Metal con la sua LP "Bull's eye" gridando ARE YOU READY MOTHERFUCKERS, io sarò al matrimonio di un caro amico, presumibilmente in attesa del secondo di pesce, forse al tavolo con 4 sconosciuti con cui cercherò di tenere anche un minimo di conversazione (argomenti: il Genoa in serie A, la nuova Fiat 500 e il costo della vita con l'euro).

21 giugno 2007

Londra, qualche impressione (con linguaggio da bar).

Ecco qualche pensiero sulla mia ultima visita a Londra.

Negli ultimi 3-4 anni ci sono andato frequentemente e, a differenza di quanto percepito nella mia prima visita, sono ormai convinto che:
- è una città ricca, molto ricca, ovvero: una grande parte della sua popolazione ha un reddito effettivamente alto e un tenore di vita dal buono all'ottimo.
- di conseguenza, è cara da fare schifo. 1 litro di benzina costa 1£. Mi diceva una ragazza che un monolocale in città (diciamo Holborn o Islington, mica Piccadilly) sta sopra le 200 sterline a settimana, e che la spesa per l'affitto arriva anche ai 2/3 dello stipendio di una persona. Io ho mangiato con 5 sterline, ma questo potrebbe essere uno dei miei ultimi post.
- di conseguenza 2: non è un buon mercato per soddisfare gas musicale o fotografica.
- è culturalmente attiva, di gran lunga più attiva di altre capitali europee. Parigi in confronto sembra Ovada.
- è sicura. Mi sono ritrovato, qualche tempo fa, in mezzo ai festeggiamenti di san patrizio senza una birra in mano e nessuno mi ha torto un capello.
- non è (o non appare) inquinata. C'è sempre molto vento che pulisce l'aria. Lì hanno messo la congestion tax, una tassa per disincentivare l'uso delle auto nel centro e diminuire l'inquinamento. Allora a Torino cosa dovrebbero mettere? La pena di morte per chi guida?
- c'è un sacco di figa. Ma proprio tanta, eh. E dire che una volta consideravo le inglesi mediamente sciacquette.

07 giugno 2007

La BCE e il punto di equilibrio.

Ieri la BCE ha alzato i tassi di interesse al 4%. Un tasso del 4.5% entro fine anno è realistico.
Se a queste cifre si aggiunge uno spread medio dell'1%, ora siamo al 5%, in avvicinamento del fatidico punto di equilibrio (ovvero, oltre il quale diminuisce la convenienza a chiedere denaro in prestito).

Per chi come il sottoscritto ha sul groppone un mutuo a tasso variabile, ci sono due riflessioni da bar:
1. se uno ha un reddito da lavoro dipendente, sai chi se ne frega se l'economia in Eurozona continua a crescere: lo stipendio non si muove e diminuisce ancora la capacità di risparmio (mensile e annuale)
2. sta arrivando il momento, se si ha la possibilità, di decidere se estinguere il prestito, tenendo in considerazione anche i costi di estinzione del mutuo.

Morale della favole? Sì, c'è un antico adagio che parla di volatili e fondoschiena, ma è un po' triviale...

21 maggio 2007

Tornati dal raduno!

Sabato sera al raduno dei primi 100 eroi della Reiss Romoli eravamo una ventina... dei superstiti! Ma a parte il numero esiguo, è stato fantastico incontrare gli amici con cui si è trascorso tre mesi tra corsi di marketing, vino Antico Blasone e notti a chiacchierare nei corridoi del campus.

I tre mesi all'Aquila (febbraio-maggio 2001) sono stati uno dei periodi migliori della mia vita, per le cose che ho imparato, le persone che ho conosciuto, il nuovo lavoro (fotocopiatrici, addio!) a Torino, il distacco definitivo da Genova. E' stata anche l'ultima occasione in cui ho scritto qualcosa di decente che mi ha aiutato a liberarmi (almeno in parte) del mio passato.

Sabato sera è stato un amarcord divertente e senza malinconia. Si è parlato di lavoro (con gli inevitabili confronti sulle carriere), dei colleghi assenti che hanno cambiato azienda, di chi ha messo su famiglia e figli. Si è parlato del passato e del futuro, che era la parola chiave di tutto il corso. Ma più di tutto, facendo un po' di coaching come ai bei vecchi tempi della new economy, ci siamo detti che in fondo eravamo tutti speciali, con le nostre 100 (e dai, 500) faccette.

Un grazie particolare a Lorena Macarena per non essersi fermata di fronte a difficoltà, ritardi e sòle dell'ultimo minuto e aver organizzato il raduno alla perfezione. Recordmen e recordwomen per la distanza: Nicoletta da Trieste, Antonio da Olbia, Pippo e Luisa da Torino.

Le foto
Vabbe', ora basta parole e ciance, andiamo sulle cose serie. Ad esempio: le foto. Qui uno dei fotoalbum della serata (richiede plugin Flash). Facendo playslideshow le foto vanno avanti da sole. Facendo download si possono pure scaricare (forse). Di più che volete??

Chi ha altre foto, per favore le mandi al mio indirizzo email: è vero, saremo ricattabili, ma mettiamo su un bell'archivio.

Commenti, insulti, minacce, proposte oscene: si accetta di tutto e di più.
Arrivederci al prossimo raduno!

18 maggio 2007

Il raduno dei primi 100.

A 6 anni dall'inserimento nel gruppo Telecom Italia, questo weekend i superstiti dei primi 100 assunti con il progetto Internet si incontrano a Roma per festeggiare e confrontarsi.
Su YouTube ci sono gli spot della campagnia pubblicitaria di quel periodo e qui l'annuncio di lavoro. Purtroppo non trovo non trovo i cartelloni con le faccine.



17 maggio 2007

Più selvaggio di così.

Sì, sì, certo. Più forte dentro, più cattivo fuori. Più diretto verso il bersaglio. Magari senza prendere la mira, magari senza fare centro: l'importante è arrivare con il colpo in canna e sparare.
La mia vita, di alterne fortune, è fatta di continue, faticose, solitarie e delicate costruzioni e di continue richieste di distruzione.
Più forte dentro, più cattivo fuori.
È un mondo libero, o quasi.

12 maggio 2007

.it's saturaday.è sabato.

Sto stirando le mie camicie e ogni tanto butto un occhio su Journey to the center of Rock trasmesso da Joost. Da fuori entrano l'estate e i rumori del piccolo luna park allestito in piazza.
Non per vantarmi, ma stiro meglio di molte donne.
Fra poco verranno a trovarmi una coppia di amici con il loro neonato.
Ogni tanto penso che anch'io, arrivato ai 32 anni, dovrei appendere in ufficio i disegni dei miei bambini o le loro foto al mare invece del ritratto di Zakk Wylde.
Ma sto sempre collegato a iamsc, si parla di effetti, di chitarre e dei Dream Theater.
E' sabato anche qui, nella periferia della periferia di Torino, lontano da tutti, fondamentalmente solo. C'è uno video degli SmackGod o GodSmack, chiunque essi siano: riffoni in drop D, tracolle bassissime, molto cross over.
E' sabato anche qui.

07 maggio 2007

Parlando di convergenza...

Il prossimo 24 maggio parlerò ad Amsterdam in tema di convergenza fisso mobile). E questa mattina nella posta ho trovato un'email di Informa che si fa pubblicità con una mia intervista rilasciata forse a Barcellona o forse a New York. Fatevi due risate.


Giuseppe Piersantelli
Technical Specialist, Broadcast Solutions Innovation, Telecom Italia, Italy

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30 aprile 2007

Genova. Perché?

Il viaggio. Li conosco anche troppo bene, i miei venerdì, fermo immobile imbottigliato sull'autostrada dopo 100 km a rotta di collo di sorpassi tra autocarri, cantieri aperti e rottami di automobili, e le mani che sudano per la tensione. Spesso, quasi sempre, l'ambulanza porta via qualcuno a pochi metri dalla mia auto. Qualche volta non deve nemmeno accendere la sirena. Quando mi ricordo, mi faccio il segno della croce. C'è sempre qualcuno che sta peggio, eh?
Dopo una settimana che finisce sempre con qualche intoppo, arrivo a Genova tardi, troppo stanco per qualcosa di meglio che una cena veloce e una doccia.

La città.
Eccoci, e tutti dicono che è meravigliosa. Grazie, lo so, ci sono nato e cresciuto. Lo volete insegnare a me, che sono stato una delle sue voci più forti? No, se mai ve lo posso insegnare io. Eppure, se mi chiedete se ne sono convinto, vacillo. E' pur sempre una città nelle mani delle solite dieci (dico per dire: saranno venti) famiglie che contano, che sistemano i figli e i nipoti, che decidono i matrimoni e i titoli del giornale. I marciapiedi fanno schifo, i punkabbestia si bucano nei vicoli, gli sbirri parlano alla radio, le signore parcheggiano SUV in doppia fila. Non cambia nulla, mai. Genova meravigliosa? Ma per carità. E' il solito vecchio troiaio puzzolente dove affondano le solite mani sporche, e sarà così anche domani. Ma per me essere genovese è come essere il padrone di un vecchio randagio pulcioso: c'è ben poco da esserne fieri, tutt'al più, affezionati. Anzi: abituati.

La mia famiglia.
Me ne sono andato di casa quando avevo venticinque anni. Prima di allora ho vissuto ogni giorno a contatto con i miei genitori, crescendo con loro e grazie a loro. Adesso li vedo ad intermittenza, ad intervalli di due-tre settimane, a volte più di un mese. Mi devo rassegnare di fronte all'ineluttabilità del tempo che trascorre sempre più in fretta. Vado a Genova per stare con i miei genitori, ma il tempo è dolore: il tempo su di loro, sempre troppo; il tempo di cui posso disporre, sempre troppo poco. Vorrei più tempo, più luce, la possibilità di fermare la corsa, di avere meno affanno. Niente. Le cose stanno così. Ho fatto la mia scelta, e devo trovare la forza necessaria per portarle avanti.

Gli amici.
Me ne sono andato da Genova troppo tardi per rifarmi degli amici a Torino: voglio dire, quelli con cui ti passi i compiti a scuola o giochi a torello ai giardini quando hai sette anni, un pallone Tango e la tuta comprata al mercato di Piazza Palermo. Sono io quello che se n'è andato, naufrago volontario o esule, fate un po' voi. Ma mi devo rassegnare: la mia casa è ormai altrove e se voglio contare su qualcuno, quel qualcuno devo essere io. Aggiungo: non sono in buone mani. Ma non ho grandi alternative, perché ognuno ha la propria vita e non si può più tornare indietro di vent'anni per trovarsi ancora su un muretto a sparare stucco con una cerbottana di alluminio.

Conclusione. C'è poco da concludere. Dovrei essere così bravo da tagliare questa corda marcia d'acqua che mi tiene ancorato a Genova, e salvare dentro di me i bei ricordi e l'infanzia felice che ho avuto, senza aspettarmi niente da nessuno. Da troppi anni me ne sto con il coltello tra i denti, appostato nel buio della mia vita, senza saper compiere questo gesto. Così, niente conclusione. Prima o dopo, ci sarà un'altra discesa a rotta di collo, nuove aspettative deluse, ancora fatica su fatica. E mai una risposta a questo dannato Perché?

immagine © 2005 Jonathan Day-Reiner / groundglass.ca

23 aprile 2007

Epiphone Les Paul Custom Flametop.

Ieri ho ricevuto una mail dal mio amico Andrea D. che, tra le altre cose, con carta e penna ci sa fare come pochi. Ha partecipato a distanza alla creazione, modifica e infine (con dispiacere) alla vendita della mia Stratocaster. Lo ha pure raccontato ad un amico chitarrista il quale pare abbia detto: "ha bisogno di una Les Paul!". Un coro di voci, a quanto pare, visto che anche DD mi aveva consigliato la stessa cosa.

Ecco, Andrea, questo post è (anche) per te. E perché era giusto dare il benvenuto alla nuova arrivata.

Dopo aver venduto la mia Strato, ho deciso di seguire il consiglio. Così mi sono messo alla ricerca di una Epiphone Les Paul, fino a che l'ho trovata a Genova da Guitar Land.

Inciso doveroso (non è pubblicità, è esperienza diretta): avete presente il negozio genovese medio di strumenti musicali? Commessi poco disponibili e avari di parole, uno strato di polvere sulla merce, divieto di provare più di due chitarre senza acquistarle ecc. Ebbene, i ragazzi di Guitar Land questo trattamento lo hanno vissuto da clienti, così quando hanno aperto un negozio si sono promessi di essere diversi. Direi che ci sono riusciti: entri con un'idea, loro ti ascoltano e ti fanno provare le chitarre (o i bassi o i pedali). Se hai un dubbio chiedi, se non vuoi comprare non sarai fustigato. Fine dell'inciso.

Dicevo, da Guitar Land era appena arrivata in conto vendita una Epiphone Les Paul Custom Flametop colore Heritage Sunburst. Ne ho provate parecchie di LP: una Burny, una Vintage, una ESP (mamma mia quanto suona, però sta sugli 800 euro).
Siccome non ero poi così convinto di fare la cosa giusta (ne avevo bisogno? avevao fatto bene a vendere la Strato handmade?) ho deciso di comprare la Epiphone perché aveva il miglior rapporto qualità/prezzo/rivendibilità. Ovvero, se mi fossi svegliato il giorno dopo dicendo: "ho fatto una cazzata", l'avrei rivenduta subito senza perderci troppi soldi, come ogni strumento di marca.

Invece l'ho portata a casa, attaccata alla pedaliera e al mio Meteoro V8, e in pochi minuti ho capito che no, non avevo fatto uno errore e non l'avrei rivenduta il giorno dopo.

Qui non sto a scrivere una recensione perché:
1. è uno strumento molto diffuso, e basta leggere su Harmony Central
2. le recensioni dei possessori sono sempre di parte: vi aspettereste una stroncatura da chi ha appena acquistato un oggetto?

Voglio dire che ha alcune delle caratteristiche che cercavo (invano) sulla Strato, come ad esempio un sustain grosso. Sono rimasto impressionato per la durata delle note con il distorsore e un pelo di delay. Altro vantaggio è la scala più corta che rende i bending meno difficoltosi. Con il ponte fisso, si scorda poco e raramente. E, infine, non ha il pickup centrale che mi ha sempre dato noia.

Naturalmente sarebbe bello essere all'altezza di questo strumento, ma questa è un'altra storia.

21 aprile 2007

Buchi 2.0.

Come da accordi, stasera sono passato dal gommista a ritirare il mio scooter Aprilia Scarabeo 50 del '94 (indicare l'anno - o model year - fa molto America). Come da accordi un paio di balle, visto che il gommista era intento a sostituire un treno di ribassati da 19" ad una Golf GTI. Vabbe'.
Dopo qualche minuto, mi degna di uno sguardo, congeda il golfista, e sostituisce la camera d'aria del mio scooter. Quindi rimonta la ruota sul mozzo. Tempo impiegato: 45 secondi netti.
"Bravo", dico io.
"Lì ci sono le chiavi, rimonta a tua pidocchiosa marmitta", dice lui.
"Sissignore", dico io, ormai calato nella parte dell'apprendista meccanico.
In un minuto, la marmitta è al suo posto.
"Ci sai fare, con le moto. Potresti lavorare qui, con le moto", dice lui, che evidentemente si capisce tanto di moto quanto di egittologia.
"Idea allettante. Posso lavarmi le mani?", dico io.
Odore di pasta lavamani e di cuccia di Golden retriever. Tutte così, le officine. Mancano i poster con le tette nude, ma nel retro c'è anche la figlioletta che gioca con l'Azoto SecurPneus. Mica si può.

Alla fine me la sono cavata bene. Niente Paypal e polemiche. Gli ho lasciato 7 euro (in nero) per la gomma e il mio curriculum. Ha detto che mi farà sapere, ma so già che lo userà per scrivere sul retro gli ordini ai fornitori.
Tutte così, le officine.