Visualizzazione post con etichetta Trame occulte. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Trame occulte. Mostra tutti i post

06 settembre 2016

Mai avere paura: Vita di un legionario non pentito


Desideroso da tempo di approfondire la mia conoscenza della Legione Straniera con un testo serio ed affidabile, ho acquistato il pluri recensito libro di Danilo Pagliaro che, nella Legione, ha trascorso 20 anni della sua vita, arruolandosi già in età adulta.
Trovate sinossi e recensioni un po' ovunque, per cui mi qui scrivo un paio di considerazioni. 
Il libro, che pure ho letto con piacere, è un po' un'occasione persa. Mi spiego. Fatto 100 i contenuti del libro, diciamo che un buon 70 è occupato da due categorie di messaggi:
  1. aneddotica varia ed eventuale, narrata nemmeno in maniera troppo convincente, di vita vissuta più in camerata che in missione: burle, frizzi, dimostrazioni di stima ed amicizia, lezioni esemplari ecc. Che, a raccontarle a terzi, non rendono sempre benissimo.
  2. disanima ed esaltazione dei veri e soli valori fondanti della Legione e delle vere motivazioni che spingono gli uomini veri ad arruolarsi, a resistere e a fare carriera; giustissimo trasmettere ai lettori un messaggio vero ed onesto, ma alla decima volta che leggi "Le cose sono così, tutto il resto sono chiacchiere scritte da rammolliti che si nascondono dietro un computer", il rischio della retorica fine a sé stessa è alto.
Non c'è nulla di male, davvero, a voler convincere il lettore che la Legione è fatta di valori, disciplina, sacrificio, senso del dovere, coraggio; ma, come lettore, mi aspettavo descrizioni più approfondite e dettagliate su addestramento, tecniche, dotazioni, missioni, obiettivi, scontri. Informazioni a cui gli autori, invero, hanno deciso di dedicare uno spazio abbastanza ridotto. L'unica fase raccontata compiutamente è l'arruolamento; una narrazione strumentale che, nell'effettivo marasma di bugie, approssimazioni, cialtronerie e bufale che girano sui forum, è un apprezzabile tentativo di fare chiarezza sulle vere regole e procedure di arruolamento nella Legione.
Molti lettori troveranno interessante le considerazioni su  come è evoluta (peggiorata, dice l'Autore) la Legione negli ultimi anni: rilassamento della disciplina e delle "regole non scritte", eccessiva apertura nei confronti dell'Islam, timore reverenziale nei confronti dei media sempre più critici nei confronti dei metodi di addestramento. 
In sostanza, l'autore si congeda con orgoglio per quel che ha fatto come legionario (di cui però ci racconta poco), con nostalgia della Legione di una volta e di sconforto per la piega che sta prendendo. Il lettore, per quanto mi concerne, gira l'ultima pagina con la sensazione di avere imparato poco o non abbastanza e che, per molte pagine, la retorica ha sostituito il racconto. Peccato.

Scheda del libro

Titolo: Mai avere paura: Vita di un legionario non pentito
Autori Danilo Pagliaro, Andrea Sceresini
Editore Chiarelettere
ISBN 8861908217, 9788861908215
Lunghezza: 224 pagine

09 aprile 2013

Una lunga stagione di golpe da operetta.

La notizia è una di quelle che, se non hai la vista allenata e una certa passione per il tema, passa sotto silenzio: un sottufficiale dell'Aeronautica progettava un colpo di stato che sarebbe dovuto attuarsi il 25 aprile 2012. Tutto saltato.

Stando all'articolo pubblicato sul Fatto Quotidiano, un sergente allora in forze al Sesto Stormo di Ghedi (BS), evidentemente scontento dell'ordine costituito, stava organizzando un'azione armata volta ad ottenere un incontro (si presume senza invito) con alte cariche dello stato. Sarà la nostra storia postbellica e i precedenti illustri (golpe bianco, golpe nero, piano Solo, Rosa dei Venti ecc), sarà la città scaligera già teatro delle gesta del colonnello Spiazzi, sarà il Veneto, già grembo di altre goliardate mica da ridere, come il tanko dei Serenissimi sotto il campanile di San Marco; tant'è che il sergente covava quest'idea con ardore e, mentre con la mano sinistra racimolava armi da guerra (questo è preoccupante), con la destra cercava di reclutare commilitoni, compagni d'arme e altri facinorosi che lo seguissero nell'impresa.

Ma le similitudini con i suoi predecessori finiscono qui. Primo perché -- e lo scrive uno che sulle spalle nemmeno i baffi ha avuto -- un golpe come si deve lo organizza almeno un ufficiale superiore: il comandante Borghese era tenente di vascello prima dei trent'anni, Spiazzi un colonnello, De Lorenzo addirittura un generale: ma un sergente, suvvia.

In secondo luogo il metodo e la segretezza: ve lo immaginate Edgardo Sogno che, per chiamare all'appello i fedelissimi ed incitarli a sovvertire l'ordine, appende manifesti o distribuisce volantini? Perché  il nostro sergente -- sempre stando alle agenzie -- reclutava i suoi uomini via Facebook. Tanto vale scriverselo sulla fronte. Io ho sempre in mente i fotogrammi di Vogliamo i colonnelli: straordinaria la sequenza di Tognazzi che recluta volontari tra gli amici ufficiali di comprovata fede fascista.

Un altro golpe da operetta, anzi forse il più faceto tra quelli noti, scoperti o divulgati. Però l'uomo comune, quello che magari legge tra le righe e non guarda solo Studio Aperto, qualche domanda se la deve fare. Le nostre istituzioni hanno ancora gli anticorpi necessari a difendersi con prontezza da queste inziative? Fino a quando alcuni settori dello Stato saranno terreno fertile per chi coltiva idee che con la democrazia poco hanno a che fare? E, soprattutto, chi è così ingenuo da credere alla favola del one man show?

09 marzo 2012

Nando Dalla Chiesa, Lo statista Francesco Cossiga

Nando Dalla Chiesa è un professore e come tutti i professori che scrivono libri non riesce ad esimersi dal:
1. sfoggiare una non comune cultura e un eloquio cattedratico;
2. trasformare la bibliografia nella consueta gara a "chi ha letto di più" (il lettore può chiedersi se le opere di Shakespeare sono pertinenti ad un saggio su un presidente emerito della Repubblica).
Fine della premessa e delle critiche. Perché "Lo statista" è un saggio di sicuro interesse e una lettura appassionante. E' un libro -- ed è forse la qualità che apprezzo maggiormente -- di parte, nel senso che prende coraggiosamente (e con veemenza) una posizione ben chiara. Contro chi? Con poco spirito di corpo (l'autore è anche giornalista), il bersaglio principale di qesto saggio sono i giornalisti, la stampa, i mezzi di comunicazione, gli opinionisti che per decenni hanno sempre guardato con immeritata indulgenza e complicità cameratesca alla serie di atti e comportamenti ben poco istituzionali che Francesco Cossiga ha agito nella sua lunga carriera politica (parlamentare, sottosegretario, ministro, presidente della repubblica, senatore).
Per il mio diciassettesimo compleanno ricevetti un regalo che per me rappresentò una parte importante della mia formazione politica: La vendetta di Disegni e Caviglia, un libro che raccoglieva le strisce pubblicate su Cuore e Satyricon. Erano i primissimi e, inutile dirlo, le esternazioni di Cossiga trovavano ampio spazio nei mezzi di comunicazione; ma devo dire che se già allora giornali e tv mi sembravano scarsamente critici nei confronti di un presidente che, tra l'altro, era appena diventato protagonista del caso Gladio (un'iniziativa che di costituzionale ha ben poco); e trovavo invece nelle strisce di Disegni e Caviglia quella lucida cattiveria e quel richiamo alla ragione e alla coscienza che non trovavano spazio nelle pagine dei quotidiani. Nelle vignette, Cossiga era sempre rappresentato come un matto, ossessionato dalle cose militari (intento a giocare con i soldatini), dagli autonomi e dalla magistratura, e assistito amorevolmente da due corazzieri-badanti che lo inseguivano nei giardini del Quirinale.
Ecco, leggendo "Lo statista", mi sono tornate in mente quelle strisce che avevo imparato a memoria, quella rara testimonianza di quanto l'autore Nando Dalla Chiesa raccoglie meticolosamente nel suo libro, rammentando al lettore, pagina dopo pagina, i misfatti di questo politico che ha vissuto benissimo tanto nella Prima e quanto nella Seconda Repubblica, arrivando a ricoprire la carica più alta dello stato e tessendo al contempo alcune delle trame più anti istituzionali della nostra storia (gli attacchi alla magistratura, il ruolo nella struttura Gladio, le esternazioni opache sulla stagione delle stragi, le posizioni discutibili durante il rapimento di Moro, il ricorso al torpiloquio e alla stigmatizzazione degli avversari).
"Non mi mancherà", scrisse l'autore alla morte di Cossiga. Una frase che mi piace e forse l'unica (una delle poche) fuori dal consueto coro che si era levato all'indomani della scomparsa dell'ex preseidente: rammento che nelle pagine dei quotidiani e ai TG fu un rincorresrsi di ricordi (veri o presunti) da parte di amici (veri o presunti) e conoscenti, un cordoglio nostalgico, una nuvola d'incenso che spazzava via il puzzo di zolfo.
Non sarà stato Belezebù, quello è il ruolo del divo Giulio; ma non era un santo né un eroe. Eppure, per decenni, è stato in grado di strappare occhiate ammiccanti e sorrisi di compiacimento al nostro debole quarto potere, un complice, democratico pubblico plaudente.

17 febbraio 2012

G. Ayala, Chi ha paura muore ogni giorno.

Partiamo dalla fine: il libro non mi è piaciuto particolarmente; mi ha lasciato insoddisfatto rispetto alle aspettative che mi ero creato per il titolo e la sinossi. Ritengo che l'opera letteraria di Ayala (i cui meriti professionali non sono in discussione) sia in qualche modo un risultato, se non modesto, quanto meno non eccezionale per due motivi principali:
1. L'eccessiva autoreferenzialità della narrazione. E' vero che il sottotitolo dovrebbe giustificare i continui e compiaciuti riferimenti ai meriti dell'autore, ma -- come dicevano i saggi -- chi si loda... Ne emerge un racconto che, pagina dopo pagina, si fa un po' prevedibile e quasi infantile, con espressioni  "tutti i commenti erano per me...", "aveva per me un vero affetto", "anche quella volta avevo capito tutto". Ammetto di nutrire sempre un po' di sospetto verso chi cerca di portare prove e giustificazioni per affermare la propria autorevolezza: se c'è, si percepisce.
2. Lo stile "burocratese" della narrazione. La sensazione, arrivati all'ultima pagina, è che il dott. Ayala abbia scritto questo volume come ha scritto migliaia di pagine nella sua lunga carriera di magistrato. Se a questo si aggiungono i riportati di conversazioni tra colleghi, che l'autore non è riuscito a tradurre in dialoghi propriamente hemingwayani, ecco che la narrazione si fa faticosa, prevedibile, pedante.
Sollevato il velo stilistico, rimangono senz'altro i pregi della divulgazione di un capitolo fondamentale della nostra storia recente, la prima vera lotta dello Stato contro la mafia, vista dalla sua genesi, durante la sua massima forza (come il maxiprocesso) fino al suo declino, forse la parte più interessante per il lettore che può scorgere, nei capitolo conclusivi, il lavorio di un altro Stato, opaco e reazionario, quasi un'entità parallela impegnata nel disperdere la squadra di magistrati che aveva per prima, e a carissimo prezzo, osato sfidare cosa nostra, la sua struttura, i suoi giganteschi interessi economici.

06 giugno 2011

Giacomo Pacini, Le organizzazioni paramilitari nell'Italia Repubblicana (1945-1991).

Desideravo da tempo approfondire la conoscenza sulla genesi e sulla organizzazione delle strutture paramilitari sorte nell'Italia repubblicana, in genere in funzione anticomunista. Il volume di Pacini, edito da Prospettiva nel 2008, è un progetto ambizioso e davvero ben documentato che però non raggiunge completamente l'obiettivo prefisso né soddisfa le mie aspettative di lettore.
Il pregio di questo libro è senz'altro la vastissima ed organica ricerca documentale che va ben oltre i testi consueti reperibili nelle bibliografie dei saggi in tema di Gladio e strutture Stay behind affini. La quantità di fonti consultate e verificate con impeccabile metodo scientifico è uno sforzo encomiabile e dubito esistano trattazioni così dettagliate sulle formazioni di origine partigiana che presero vita nel dopoguerra per contrastare l'influenza e il pericolo del regime comunista jugoslavo ai nostri confini orientali.
Tuttavia, il testo ha due principali difetti o mancanze. La prima, più grave, è una incompiutezza, per così dire, sulle vicende più recenti relative a Gladio: se, da un lato, le informazioni sulla nascita di questa struttura sono moltissime e davvero dettagliate, dall'altro ho trovato poco approfondita l'analisi della sua evoluzione, della sua organizzazione, dei rapporti con la politica interna ed estera, delle effettive attività svolte durante la Guerra Fredda. Mi aspettavo rivelazioni o conferme sulla vita e sulla condotta dei suoi membri effettivi, o per lo meno sulle attività di reclutamento, addestramento e preparazione in caso di crisi internazionale.
Il secondo aspetto che ho trovato, alla lunga, un po' ostico è l'eccessiva prudenza delle affermazioni: ogni frase, ragionamento, ricostruzione è corredata da una serie di periodi ipotetici, verbi al condizionale, avverbi dubitativi, quasi l'autore volesse sempre mettere le mani avanti su quanto affermato. Lo reputo un atteggiamento scientificamente corretto ma praticamente discutibile poiché la lettura risulta eccessivamente faticosa e l'autore titubante e poco sicuro delle proprie (documentatissime, verificatissime) tesi.
Le organizzazioni paramilitari ha un po' deluso le mie aspettative (almeno quelle nate dalla lettura della sinossi in quarta di copertina) sulle attività sotto copertura delle organizzazioni Stay behind in Italia, e sulla effettiva influenza esercitata sui delicati equilibri degli anni 50, 60 e 70; è invero un testo eccellente per comprendere il contesto storico e geopolitico della genesi di tali organizzazioni.


Scheda
Giacomo Pacini
Le organizzazioni paramilitari nell'Italia Repubblicana (1945-1991)
ISBN: 978-88-7418-532-0
Pagine 219
Euro 12,00
Prospettiva Editrice ed. 2008
Link all'editore

17 maggio 2011

Mimmo Franzinelli, Il piano Solo.

Da tempo desideravo approfondire la mia conoscenza sui fatti dell'estate del '64, segnata da vicende politiche che sono state a lungo avvolte nel piu' fitto mistero e, successivamente, oggetto di interpretazioni non sempre pertinenti. Il riferimento e' al piano di emergenza realizzato e portato avanti dal generale De Lorenzo in funzione anticomunista, e lo spunto lo ha dato il completo e documentatissimo saggio dello storico Mimmo Franzinelli, gia' autore di validissimi testi sul tema dell'eversione nera e dei servizi segreti.
Il sito di Franzinelli raccoglie una vasta rassegna stampa con le recensioni pubblicate su quotidiani nazionali, e rimando a questa pagina chi volesse conoscere nel dettaglio i contenuti del libro e i contorni della vicenda in oggetto.
Mi preme, invece, evidenziare qualche considerazione personale.
La prima e' relativa alla effettiva gravita' delle attivita' segretamente tramate da un ristretto gruppo di potere cui facevano parte il presidente della Repubblica, il citato generale, capi di Stato Maggiore delle Armi, politici di solida (ed enfatizzata) fede anticomunista. Se da un lato, come documentato da Franzinelli, si e' trattato senz'altro di una discutibile e spregiudicata iniziativa lesiva delle liberta' costituzionali di cittadini, soggetti politici, organizzazioni, un'iniziativa che va ben al di la' della consuetudo ad excludendum negli strumenti di democrazia rappresentativa; dall'altro, il saggio mitiga i toni accesi di tanta letteratura che ha sempre descritto il piano Solo come un colpo di stato, sebbene non attuato. Tuttavia, la lettura della vasta selezione documentale, mette in evidenza anche la fragilita' e l'organizzazione un po' approssimativa del piano. Senza citare il solito e comodo "golpe da operetta", e' tuttavia lecito domandarsi quali effetti sarebbero scaturiti da questa azione se il piano fosse stato realmente messo in atto seguendo le disposizioni dello zelante generale. Certo e', ma questo si e' sempre saputo, che la forza dirompente del progetto era insita nella presenza territoriale e nella affidabilita' degli uomini dell'Arma a cui - solo e soltanto - spettavano le manovre.
Il secondo aspetto che emerge con forza dal saggio e' il confronto tra le personalita' dei tre uomini chiave del periodo: de Lorenzo, ufficiale persuasivo, energico e camaleontico; il presidente Segni, quasi ossessionato dal pericolo comunista (ma si dovrebbe rivivere quegli anni per formulare un giudizio piu' corretto), e indubbiamente soggetto all'influenza del generale; infine Aldo Moro, di cui emergono, al di la' delle convinzioni sull'alleanza con socialisti e comunisti, tratti di fragilita' se non addirittura debolezza, un'indole piu' meditativa che attuativa. Il saggio non lesina descrizioni, analisi e ritratti di molti uomini testimoni o rappresentanti, per parte politica, civile o militare, ella crisi del centro sinistra dei primi ani Sessanta.
Il piano Solo e' un testo equilibrato e coerente, corredato da una moltissimi documenti e riferimenti storici e bibliografici, ed da il pregio di dare la giusta dimensione alla vicenda senza trovare facili giustificazioni e senza mai negare il carattere illecito di molti dei suoi aspetti.

Scheda del libro
Titolo: Il piano Solo. I servizi segreti, il centro-sinistra e il «golpe» del 1964
Autore: Franzinelli Mimmo
Editore: Mondadori
Collana: Le scie
Data di Pubblicazione: 2010
ISBN: 8804526629
ISBN-13: 9788804526629
Pagine: 381

22 marzo 2011

Nuovi acquisti per la piccola biblioteca delle trame occulte.

Dopo l'intenso Ombre sulla via della seta di Colin Thubron, autore che apprezzo sempre di più, ho sentito il bisogno di tornare alla mia vera passione di lettore, quella della saggistica e della storiografia contemporanea del nostro Paese.
Gli ultimi acquisti su Amazon sono Il piano Solo, di Mimmo Franzinelli; Il libro che i servizi segreti italiani non ti farebbero mai leggere di Gianni Flamini; e Le organizzazioni paramilitari nell'Italia repubblicana di Giacomo Pacini, autore di cui non ho ancora letto nulla sul tema di servizi segreti, Gladio, colpi di stato; mi aspetto che il libro sia in qualche modo complementare all'insostituibile Gli eserciti segreti della NATO di Daniele Ganser.




Ho appena iniziato a leggere Il piano Solo e lo stile di Franzinelli è subito ricooscibile e apprezzabile. Appena possibile, come di consueto, pubblicherò le recensioni.

25 marzo 2010

Carlo Brambilla, L' infiltrato. La vera storia di un agente sotto copertura.


Quando i giornalisti si cimentano nel racconto lungo delle "storie vere" esiste sempre il rischio di una perdita della narrazione oggettiva e fattuale che è propria del giornalismo, e di non infrequenti digressioni romanzate. L'infiltrato, ahimè, non si è del tutto sottratto a questo rischio con la conseguenza di rendere un po' mielosa una storia che, di per sé, poteva essere anche di un certo interesse.
Andiamo per ordine. Un sottufficiale dei carabinieri, militare esperto e di lungo corso, lavora da anni in covert operations dell'antidroga. Missioni importanti, senza rete, pericolose da lasciarci le penne ogni quarto d'ora. Missioni silenziose di cui l'uomo della strada non sa nulla ma che hanno ostacolato e ridotto la quantità di stupefacenti, soprattutto eroina e cocaina, smerciata in Italiana negli ultimi quindici anni. Falco, il protagonista delle vicende, si confondeva con i malavitosi, recitava alla perfezione la parte del doganiere connivente, dell'intermediario o quello che la situazione richiedeva, con un altissimo rischio di schizofrenia sociale tanto da perdere la propria identità, la famiglia e, sovente, la distinzione tra il bene e il male.
Il nostro uomo è un tipo in gamba, cosicché porta sempre a casa la pelle, ma gli capita (forse) di peggio: viene incastrato, i superiori non lo difendono, un giudice lo accusa di comportamenti illeciti.
Il libro, che pure si legge volentieri, ha due difetti: a parte una breve descrizione del gruppo ROAD, è povero di informazioni e dettagli sulle strutture operative e sulla loro organizzazione in seno all'Arma. Possibile che si tratti di informazioni riservate, ma non sarebbe stato male avere una visione di massima sui vari reparti e le loro modalità operative. Il secondo difetto, come accennato nelle prime righe, è l'insistenza sugli aspetti privati  del protagonista: l'autore dedica molte pagine a raccontare il suo disagio interiore.
In definitiva un libro discreto, con alcune (poche) rivelazioni sulle operazioni segrete dell'antidroga e sui metodi degli agenti sotto copertura, ma decisamente sbilanciato sulla vita personale del sottufficiale.


BRAMBILLA CARLO
L'INFILTRATO - LA VERA STORIA DI UN AGENTE SOTTO COPERTURA
Editore: MELAMPO
Pubblicazione: 11/2008
Numero di pagine: 232
Prezzo: € 15,00
ISBN-13: 9788889533307
ISBN: 8889533307

25 agosto 2009

Gianni Flamini, Il libro che lo Stato italiano non ti farebbe mai leggere.

Sono due volte di parte, primo perché, come noto, da anni mi diletto nella lettura di saggi sulla strategia della tensione e in secondo luogo perché adoro Flamini per cosa scrive e per come lo scrive.

Ciò premesso, l'ultimo libro del giornalista bolognese riprende alcuni dei temi già trattati nel magistrale L'Italia dei colpi di stato e offre una disanima ragionata e organica di altri fitti misteri della storia italiana. In particolare, il capitolo conclusivo sui rapporti tra la mafia dei corleonesi ed alcuni esponenti dei servizi di sicurezza racconta in maniera puntuale l'evoluzione della strategia mafiosa dai grandi attentati alla pace apperente, offrendo una versione dei fatti decisamente meno edulcorata di quella disponibile nelle cronache dei giornali e nelle fiction televisive.

Ancora una volta le fonti documentali e le vicende giudiziarie confermano il rapporto di connivenza e protezione offerto da certe parti dei servizi di sicurezza ad alcune frange dell'estremismo di destra impegnate in atti sanguinari volti a richiamare un potere forte ed autoritario.

Le ricerche di Flamini varcano i confini nazionali e ci raccontano del ruolo svolto da potenze straniere (USA e Israele in testa) nel condizionare in modo per lo meno illegittimo e antidemocratico la vita polica ed istituzionale del nostro Paese.

Flamini scrive cose sacrosante, lo fa citando sempre le fonti e senza tanto andare per il sottile, e condisce queste cronache tragiche con un umorismo nero che scivola spesso in toni gradevolmente sarcastici.

Scheda del libro

25 maggio 2009

Emilio Randacio, Una vita da spia.


Durante un'incursione in libreria, sono stato attratto da questo volumetto pubblicato da BUR, editore che da qualche tempo sforna titoli in tema di eversione nera, servizi segreti e P2.

Nel mio blog trovate le mie recensioni di altri titoli della stessa collana.

Quello che poteva essere un racconto avvincente e dettagliato di operazioni sotto copertura, missioni e intrighi, si è rilevata una mezza delusione.

Il libro è una sorta di biografia ad episodi di Marco Bernardini, un collaboratore esterno -- nemmeno un effettivo -- del Sisde, infiltrato nei movimenti dell'ultrasinistra romana dei tardi anni 80 e impegnato in 3-4 missioni estere, anche a beneficio della CIA.

Purtroppo l'autore, cronista giudiziario di Repubblica, non spende molte parole sugli argomenti più intriganti di questo mestiere: addestramento, organizzazione, gerarchie, nomi. Non vi è nulla di più di quanto un lettore minimamente informato gia non sappia in tema di intelligence nostrana.

Il libro si conclude in maniera frettolosa, con il congedo -- l'inevitabile calcio nel sedere -- del signor Bernardini che, perseguitato da una proverbiale sfiga (che fa di lui più un agente "00ciccio" che un fascinoso 007), inizia a collaborare con la security di Pirelli e Telecom Italia giusto in tempo per le indagini della Procura di Milano del 2005.

L'unica parte utile del libro è l'appendice, una sorta di bignami della monumentale "Storia dei servizi segreti" del professor De Lutiis, lettura che raccomando vivamente in versione completa.


Titolo: Una vita da spia
Autore: Randacio Emilio
Editore: BUR Biblioteca Univ. Rizzoli (collana Futuropassato)
Data di Pubblicazione: 2008
ISBN: 9788817020572
Dettagli: p. 175

30 marzo 2009

Mimmo Franzinelli, La sottile linea nera.

Il 2008 e' stato il quarantesimo anniversario di quell'anno che ha cambiato per sempre la vita della societa' civile da un lato e dei rapporti con le istituzioni dall'altro.

Molte case editrici hanno festeggiato l'evento pubblicando diversi volumi sugli anni bui degli estremismi e dell'eversione nera che, talvolta orchestrati dal cinismo dei poteri forti, sono culminati in quella tragica e insanguinata fase nota come strategia della tensione.

Tra i molti titoli che ripercorrono la nascita e l'evoluzione di movimenti impegnati a creare le condizioni per un nuovo regime autoritario, il saggio di Franzinelli si distingue per un approccio innovativo nella saggistica di questo genere.

La sottile linea nera non si limita alla usuale ricostruzione cronistorica degli eventi e delle trame occulte ordite nel secondo dopoguerra e popolate da orfani, nostalgici e ideologi dei passati regimi fascista e nazista. E' invece una convincente e documentata analisi di personaggi, gruppi, movimenti, azioni e misteri accuratamente occultati che costituiscono quel tessuto sociale, politico, militare e culturale che ha per lunghi anni minacciato l'ordinamento costituzionale, democratico e repubblicano conquistato con la Liberazione e la lotta partigiana.

Con rigore documentale, oggettivita' e rara capacità analitica, Franzinelli traccia le biografie e le storie dei protagonisti, dei registi e delle comparse responsabili della costituzione di gruppi neifascisti, del compimento di gravissime azioni terroristiche e dell'occultamento di fatti e prove che hanno rallentato il corso di una giustizia non sempre pronta ad intervenire nella giusta direzione.

Dietro la lunga scia di sangue versato tra la fine dei Sessanta e gli Ottanta, l'autore scova un complicato intreccio di ideali, sudditanza atlantica, farneticazioni, interessi finanziari, fratellanze politico-militari, vendette private, nostalgie dei tempi andati. Tutti con il comune obiettivo di sconfiggere la sinistra e il comunismo (non accontentandosi della consuetudo ad excludendum gia' imposta in tutti i paesi europei) e di restaurare un regime autoritario, presidenzialista, militare.
Non ho gli strumenti per commentare questo saggio in maniera più approndita e poco aggiungerei al monumentale lavoro dell'autore.

Chiudo tuttavia con una considerazione sulle biografie tracciate nel volume. Mi sembra che, nell'eversione nera e nello stragismo, si possano identificare due famiglie o generazioni: la prima composta da repubblichini, ex partigiani, pensatori deviati e nostalgici, spaventati dal pericolo rosso e accomunati dal disadattamento alla vita civile, repubblicana e democratica inaugurata con la sconfitta del "loro" fascismo; e un'altra generazione, figlia o più giovane della prima, cresciuta più nel mito che nella storia del regime, affascinata da una simbologia quasi astratta e incentivata all'azione violenta più spesso da una noia e mancanza di punti di riferimento che dall'applicazione di un reale e compiuto - per quanto deplorevole - sistema di valori.

Lettura avvincente, La sottile linea nera e' anche aggraziata da uno stile espressivo e pungente, senza indulgenze ne' revisionismi di comodo. Una lettura fondamentale per comprendere la storia recente del nostro paese e capire la contemporaneita'.

07 settembre 2008

Daniele Ganser, Gli eserciti segreti della NATO.

Ho quasi terminato questo importante saggio scritto dallo storico svizzero Daniele Ganser, esperto di storia contemporanea, geopolitica e servizi segreti. Gli Eserciti Segreti è uno strumento insostituibile nello studio degli equilibri atlantici e della storia dell'Europa postbellica, teatro di una guerra silenziosa tra alleanza atlantica e blocco comunista.

Come noto, in seguito alle dichiarazioni rese nel 1990 dall'on. Andreotti sull'organizzazione stay behind Gladio, fu possibile accertare che in Italia e in tutti i paesi europei aderenti alla NATO o sotto la sua influenza furono organizzate, addestrate e sovvenzionate strutture militari parallele e coperte dal più stretto riserbo, allo scopo di difendere le istituzioni dalla minaccia interna ed esterna del comunismo con mezzi propri della resistenza armata, della guerriglia, della guerra non convenzionale.

Tuttavia, come descritto in altri volumi di cui si dà breve notizia in questa sezione del sito, in moltissimi casi tali organizzazioni clandestine hanno agito ben oltre gli scopi previsti ed i compiti istituzionali adottando, invece, comportamenti aggressivi e illeciti sfociati sovente in odiosi atti criminosi, talvolta addebitati alla sinistra extra parlamentare e agli ambienti anarco-insurrezionalisti, volti a creare un clima generale di tensione che avrebbe favorito l'instaurarsi di regimi autoritari come i tre colpi d stato progettati in Italia dal 1964 al 1974.

Ganser, con rigore scientifico, ricostruisce la complessa storia dell'Europa che è, in eraltà, una storia fatte di tante, intricate e correlate storie: quelle dei Paesi europei. Che, con risvolti diversi ma obiettivi simili, si sono affidati all'incontenibile influenza degli USA per dotarsi di apparati segreti attivi a contrastare la diffusione del comunismo.

Da un punto di vista storico e geopolitico, è possibile ripensare con distacco scientifico alla situazione politica e miliare dell'Europa postbellica e alla contrapposizione tra blocco sovietico, i cui confini arrivavano a Berlino est, e influenza USA, con confini decisamente più sfumati. Il successo elettorale, in Paesi sotto l'influenza atlantica (Italia e Francia in testa), di partiti comunisti idealmente e sostanzialmente legati al PCUS, poteva costituire un elemento per il mutamento di equilibri est-ovest frutto dei negoziati di Yalta, agevolare una diffusione del comunismo sovietico e indebolire l'influenza americana.

In quest'ottica, la creazione di strumenti e apparati clandestini in funzione anticomunista apparirebbe giustificata per preservare un assetto istituzionale liberale, democratico, parlamentare, pluralista.

I fatti, raccolti e documentati da Ganser, dimostrano che tali strutture, ben radicate in Italia, Belgio, Austria, Francia e anche nella neutrale Svizzera, operarono al di fuori dei loro confini entrando in un pericoloso in quel cono d'ombra dove la linea di demarcazione tra Stato e anti Stato diventa sottile e a tratti invisibile, una zona grigia animata da zelanti ufficiali, nostalgici dei tempi che furono, massoni influenti, manovali del crimine, attivisti chiacchierati, imprenditori dal portafogli gonfio, barbe finte e politici fin troppo pragmatici, tutti impegnati a tessere le fitte ed occulte trame di un disegno che di legittimo, costituzionale e democratico ha finito per avere ben poco.

Dalla consueto ad excludendum alle stragi di stato impunite, dai poteri forti delle logge massoniche alle bande armate, dai campi di addestramento ai centri di detenzione per gli enucleandi: moltissimi ed inquietanti i tratti e le vicende comuni ai Paesi europei dal dopoguerra alla caduta dei regimi comunisti quando, scampato pericolo, sono venuti meno le strutture clandestine e il patto di segretezza.

Se da un lato è corretto affermare che la posta in gioco - altissima - era il dominio del mondo occidentale e che ciascuna parte ha agito nel proprio interesse, la lettura di Gli Eserciti Segreti della NATO può darci un'altra chiave di lettura, altrettanto plausibile, della storia contemporanea europea: per quarant'anni, i cittadini europei sono stati all'oscuro dell'esistenza di strutture governative paramilitari finanziate con denaro pubblico (e, sia detto, con cospicui e costanti aiuti di agenzie del governo americano) costituite per raccogliere in modo illegittimo informazioni su migliaia di cittadini, contrastare con la forza il risultato di legittime consultazioni elettorali, arruolare tra le proprie fila elementi dell'eversione armata di destra, compiere azioni violente e criminose, e progettare drammatiche trasformazioni in senso autoritario di istituzioni democratiche e parlamentari.

La ricostruzione puntuale ed efficace degli avvenimenti nei singoli Paesi contribuisce a chiarire il quadro complessivo delle tante Gladio clandestine operative fino a tempi recenti, facenti capo a uffici centralizzati e caratterizzate da metodi, ordinamenti e strategie simili.

Gli Eserciti Segreti della NATO è pertanto un testo importante di lettura e consultazione da affiancare agli altri saggi che stiamo prendendo in esame e per osservare dall'alto l'evoluzione degli equilibri atlantici nel vecchio continente. Da segnalare la prefazione di Giuseppe De Lutiis, massimo esperto italiano di servizi segreti.

----------------
Daniele Ganser, Gli Eserciti Segreti della NATO. Operazione Gladio e terrorismo in Europa occidentale, Fazi Roma, 2005, 449 pagine, ISBN 8881126389

23 agosto 2008

Fulvio Martini, Nome in codice: Ulisse.

Acquistai e lessi questo libro anni fa, diciamo nel 2001, incuriosito dalla sinossi in quarta copertina e attirato dalla biografia dell'autore, sebbene mi infastidisse il titolo emerito, ma in bella evidenza, di Ammiraglio. Paura di non essere riconosciuto tra gli scaffali?

Già dall'introduzione di Andreotti - una confuso intervento apologetico - e dalle primissime pagine del testo, la delusione aveva preso il posto dell'iniziale entusiasmo. Ne ebbi conferma durante la lettura di questo noioso, autoreferenziale ed inutile amarcord. Perché, si sa, ci sono poche cose tediose quanto le memorie (parziali e incomplete) di un pensionato che scrive di sé e del proprio glorioso (si fa per dire) passato.

Dal punto di vista storiografico, documentale e scientifico, questo volume non ha alcun valore in quanto non contestualizza (se non con espressioni da bar del tipo al tempo c'erano i russi e gli americani) le vicende narrate né propone una esposizione organica degli equilibri politico-militari che fanno sfondo alle missioni di cui è stato protagonista. Ma, sopratutto, non fa menzione alcuna a ruoli, responsabilità e coinvolgimenti nell'organizzazione della struttura clandestina stay-behind (Gladio), attività per la quale Martini insieme ad altri ufficiali è stato imputato, processato ed ovviamente assolto (ci mancherebbe altro).

Non è quindi un libro utile né tantomeno scritto bene ma lo inserisco nel mio percorso Trame occulte a puro riferimento bibliografico.

22 agosto 2008

Camillo Arcuri, Colpo di Stato.



Arcuri ha aspettato trent'anni per vuotare il sacco. Ha dovuto tenersi dentro a lungo un segreto grosso così, di quei segreti per i quali non è difficile lasciarci le penne per il gran numero di nomi, interessi ed equilibri.

Con Colpo di stato, l'autore può finalmente liberarsi di un peso. Perché la notizia, giuntagli 30 anni fa in forma confidenziale, era di quelle esplosive: qualcuno stava per organizzare un'azione volta a mutare profondamente gli equilibri istituzionali del Paese. In parole povere: un colpo di stato.

Ed è il golpe dell'Immacolata o del principe nero o golpe Borghese di cui Arcuri viene a conoscenza, un'azione militare voluta e guidata da Junio Valerio Borghese, il comandante della a X flottiglia MAS della Repubblica sociale, un manipolo di irriducibili fascisti assoldati con il denaro della grande industria e spalleggiati da eminenze grige ben radicate negli ambienti della massoneria deviata, dell'esercito, dei servizi.

Arcuri ricostruisce la genesi del golpe, ne descrive l'organizzazione, la messa in opera fino al misterioso contrordine per il quale nessuno, in quella piovosa notte romana, si rese conto che stava per essere sovvertito l'ordine istituzionale, democratico, repubblicano. Sullo sfondo altri misteri che si intrecciano nella storia italiana: la P2, il SID parallelo, i poteri forti dell'alleanza atlantica, i delicati equilibri medio orientali e del commercio del petrolio durante l'Italia del boom economico. Interessanti e pertinenti le riflessioni sulla morte di De Mattei.

Colpo di stato è un libro interessante e ben documentato, scritto tuttavia con uno stile poco accattivante e monotono. E' una lettura breve, ideale per chi vuole farsi un'idea dei segreti di pulcinella della prima repubblica.

Camillo Arcuri è anche autore di Sragione di stato, di cui scriverò a breve.

20 agosto 2008

Gianni Flamini, L'Italia dei colpi di stato.

Ho appena terminato questa appassionante e impegnativa lettura che affronta il tema, sconosciuto ai più, specialmente tra i giovani, dei tentativi di sovversione delle istituzioni democratiche nel nostro Paese.

Considero questo libro un capolavoro straordinario ed un documento indispensabile nello scaffale di un cittadino. Vediamo perché.

Gianni Flamini, giornalista, scrittore, già autore di un saggio sulla banda della Magliana, ha tre grandi pregi che raramente si riscontrano contemporaneamente:

- primo, è un ricercatore scrupoloso e obiettivo: quando si tratta di tirare le orecchie a burattinai e burattini, soldati di ventura e ideologi sanguinari, non fa distinzioni tra destra, sinistra, centro e vile pecunia;
- secondo, con onestà e coraggio snocciola un elenco impressionante di nomi e cognomi, luoghi, dettagli, testimonianze, episodi, azioni e trascorsi che mettono con le spalle al muro almeno tre generazioni di galantuomini che, dagli anni 60, si sono impegnati anima e corpo a dare all'Italia un'impronta quantomeno di presidenzialismo forte se non addirittura di autoritarismo;
- terzo, Flamini scrive dannatamente bene: ha un humour sprezzante e sarcastico, una prosa eloquente, uno stile giornalistico che appassiona e coinvolge come un romanzo. Non passa pagina senza una battuta salace, una metafora colorita, un commento pungente.

Flamini è un esperto di trame occulte davvero della prima ora: in pochi hanno scritto di un colpo di stato nel 1971, pochi mesi dopo che questo fosse messo in atto. In pochi ne scrivono tuttora, come se non ci fosse nulla di particolarmente preoccupante nell'aver nutrito per quarant'anni un nido di serpi sempre pronte a girare la testa e mordere la mano. Onore al merito.

Con L'Italia dei colpi di stato, l'autore ripercorre le tre grandi stagioni eversive della storia repubblicana, dal piano solo di De Lorenzo al golpe bianco di Edgardo Sogno. E siccome l'Italia è un Paese tremendamente complicato, Flamini svolge con successo il non facile compito di ricostruire le oscure vicende e gli intrighi più loschi che hanno avuto per protagonisti varie eminenze grigie, molti di casa nostra e alcuni provenienti da oltreoceano, senza trascurare le fratellanze -- più o meno segrete -- sempre a caccia di proseliti tra militari, barbe finte, industriali danarosi e politici non proprio incorruttibili.

Si conclude questa magnifica lettura con un senso di sgomento per l'impunità riservata a tanti e tali criminali, e di vergogna profonda per questa sorte di anestesia generale che sembra scorrere nelle vene degli italiani, inerti e indifferenti di fronte al pericolo reale di trovarsi, una mattina, dalla padella di una democrazia bloccata, corrotta e inefficiente, alla brace di un regime neofascista, plutocratico, militare e autoritario.

08 luglio 2008

Buon kompleanno.

Il picconatore compie 80 anni e Repubblica lo festeggia con una gustosa intervista, da cui ho tratto questa sentenza:

«I padri di Gladio sono stati Aldo Moro, Paolo Emilio Taviani, Gaetano Martino e i generali Musco e De Lorenzo, capi del Sifar. Io ero un piccolo amministratore. Anche se mi sono fatto insegnare a Capo Marrangiu a usare il plastico».

Cossiga uomo straordinario. Vorrei che campasse altri cent'anni, perché un altro politico del suo peso non nascerà mai più.

Auguri.

19 giugno 2008

Stay behind. Sì, ma quante?

Uno dei tanti interrogativi che mi sono posto studiando le strutture militari clandestine di tipo stay behind in Italia è relativo al loro numero, esatto o presunto.
Oltre alla struttura Gladio, creata a metà degli anni '50, ero a conoscenza dell'organizzazione paramilitare che faceva capo alla Democrazia Cristiana.
Ne aveva svelato l'esistenza il deus ex machina di molte delle trame occulte italiane, l'ex presidente della Repubblica Francesco Cossiga.
Durante un'intervista di non pochi anni fa, ripresa anche da Lucarelli per la puntata di Blu Notte sui rapporti tra servizi segreti americani e Italiani, il senatore dichiarò che a ridosso delle elezioni politiche del '48, paventando un successo elettorale dei comunisti, i carabinieri consegnarono ai dirigenti DC un cospicuo numero di armi "ancora efficientissime": poiché l'Arma non sarebbe stata in grado di difendere personalmente tanto il partito quanto la nazione in caso di un'invasione da Est. La così formata struttura miltare parallela stette in allerta per un po' di anni, per essere sciolta nel '56.
E sono due.
Nel saggio di Gianni Flamini (L'Italia dei colpi di stato) che sto leggendo si fa menzione di una struttura paramilitare formata nel Veneto sotto l'egida della NATO con compiti di contrasto del pericolo comunista (presumibilmente dalla Jugoslavia). Nell'organico di questa terza stay behind figuravano, come di consueto, personaggi di spicco della Repubblica Sociale, forse addestrati direttamente dagli americani.
E sono tre.
E forse sono anche di più. Non è un'ipotesi pellegrina.
Perché a me la storia dei 622 prodi gladiatori e dei depositi interrati non ha mai convinto. Anzi: m'è sembrata una organizzazione sì clandestina ma comunque di facciata, una sorta di copertura di ben altre strutture, superiori per dimensioni di organico e compiti assegnati, da far emergere come caprio espiatorio in caso di necessità, indagini (come le inchieste di Casson) o fughe di notizie. Perché difficilmente una struttura snella, delle dimensioni di una copagnia di fanteria, avrebbe passato grossi guai se pescata con le mani nella marmellata o semplicemente se smascherata da giornalisti e giudici. E così è stato: (quasi) tutti assolti, tutti innocenti.
Rimane l'interrogativo: quante e quali erano le strutture di tipo stay behind attive in Italia da Yalta fino agli anni 80?
Avevano compiti simili e divisione geografico-territoriale, o a ciascuna erano assegnate competenze diverse? Ed erano tutte sotto l'influenza diretta americana?

13 giugno 2008

La piccola biblioteca delle trame occulte.

L'emblema dell'organizzazione segreta stay behind Gladio

Da qualche mese sto cullando un'idea abbastanza ambiziosa: realizzare una bibliografia ragionata, commentata e critica dei saggi in tema di equilibri atlantici, massoneria e servizi deviati, strutture stay behind.

I tre argomenti - per citare solo questi, ma ve ne sarebbero alcuni altri meritevoli di menzione - hanno molti collegamenti, vicende e personaggi in comune.

Da quando ho iniziato ad interessarmi di trame occulte, il che si perde nella notte del 1990, praticamente all'indomani delle dichiarazioni del sen. Giulio Andreotti sull'esistenza di Gladio, ho acquistato, reperito e letto una quantità consistente di documenti e saggi (alcuni mancano ancora all'appello), spendendo molto tempo tra scaffali di librerie, ricerche in Internet, consultazioni bibliografiche .

Non essendo un ricercatore di storia, ho faticato non poco a scovare, nel mare magnum delle pubblicazioni di carattere storico-politico, libri che trattassero questi argomenti; mi sono imbattuto in lavori di grande valore scientifico-documentale ma anche di pubblicazioni dal contenuto scadente, approssimativo o, peggio, difficilmente verificabile (per non dire falso).

Da questa fatica è nata l'idea di mettere a disposizione dei lettori un compendio, il più obiettivo possibile, per orientarsi nella letteratura scientifica che affronta gli aspetti meno noti (e spesso torbidi) della storia italiana del dopoguerra.

Facendo tutt'altro lavoro nella vita, non posso permettermi di impormi un termine temporale, anche perché la lettura di molti di questi saggi è impegnativa e richiede tempo e concentrazione.

Inizierò con un compito facile: stilare l'elenco delle opere attualmente in mio possesso compilandone la relativa scheda. Vorrei quindi proseguire con una classificazione delle opere per argomento (ancora da stabilire con precisione) e fornire per ogni opera sinossi, commento, punti di forza, collegamenti con altri testi.

Vorrei mettere in chiaro da subito che non ho la la pretesa di rubare il lavoro agli storici e agli scienziati politici (benché su quest'ultimo mestiere qualche titolo ce l'avrei) né tanto meno di scrivere un saggio sull'argomento: non è il mio scopo, non ne avrei le capacità.

Potrei già ritenermi soddisfatto se questo lavoro permettesse ai lettori appassionati degli aspetti misteriosi della cronaca e della storia, di risparmiare un po' del tempo che mi è occorso per capirci qualcosa (non tutto, eh).

08 giugno 2008

Antonella Beccaria, Uno bianca e trame nere

Ho appena concluso il saggio Uno bianca e trame nere, di Antonella Beccaria (Stampa Alternativa, 2007), una lettura breve ma non per questo priva di complessità. L'autrice,
cui va riconosciuto il merito di aver raccolto ed elaborato una quantità notevole di testimonianze, notizie, atti e articoli, cerca di far luce su uno dei più inquietanti misteri della cronaca italiana.

Le rapine della banda della Uno bianca, i cui membri erano cinque poliziotti e un camionista, passano dai caselli autostradali alle banche ai supermercati, con azioni rapide e feroci, senza incertezze. Per anni risulteranno imprendibili, insospettabili. Fino a che altri due poliziotti, grazie ad un buon lavoro investigativo o a una soffiata, cominciarono a capire che i banditi andavano cercati in Questura, tra le facce dei loro colleghi.

Fin qui la cronaca. Ma c'è anche la famosa domanda che venne posta a Roberto Savi: "Che cosa c'è dietro la Uno bianca?" "Dietro la Uno bianca - rispose Savi - ci sono la targa, i fanali e il paraurti".

La risposta non ha convinto tutti e, ovviamente, nemmeno l'autrice.

Come suggerisce il titolo, il volume presenta l'ipotesi secondo la quale la banda della Uno bianca fosse qualcosa di più di un semplice gruppo di malavitosi dediti alle rapine e agli omicidi e che, in particolare, fosse legata ad ambienti della destra eversiva, dei cosiddetti servizi deviati, di organizzazioni stay behind e, infine, di una quinta colonna della criminalità organizzata di stampo mafioso.

Si delinea così l'ipotesi suggestiva di una banda armata organizzata militarmente e dedita a seminare terrore e morte, un manipolo di uomini espressione ed emanazione di un potere forte ed occulto, impegnato a mantenere un equilibrio e a contrastare l'ascesa di forze politiche comuniste o filocomuniste.

Un'azione terroristica volta a creare e mantenere un clima simile a quello che la strategia della tensione aveva provocato anni prima con le tante e irrisolte stragi degli innocenti? Un continuum di azioni efferate che sembravano godere, se non di una connivenza, di una certa protezione da parte delle istituzioni che per prime avrebbero dovuto indagare, scoprire, punire?

Uno bianca e trame nere non offre tuttavia la risposta univoca e definitiva all'interrogativo "Che cosa c'è dietro la Uno bianca?" Offre molte notizie, collegamenti, spiegazioni di avvenimenti complessi, ma non la risposta certa. E forse questo è il suo pregio, l'indice della serietà di questa scrittrice che non si innamora della propria tesi né cede alle facili soluzioni dei "servizi segreti deviati".

Tanto che alle ultime pagine del libro si finisce con l'essere persuasi dalle sardoniche parole di Savi: la targa, il paraurti. Una compagine di balordi , vigliacchi e assassini cresciuti in seno alle istituzioni che uccidevano e depredavano per pagare qualche debito arretrato, permettersi un lusso e sfogare istinti repressi di violenza e di morte.

Il difetto del volume, se così si può dire, di questo saggio è la mancanza di un profilo approfondito (biografia, esperienze, stato di servizio) dei componenti della banda: ad esempio, Eva Mikula, figura comunque centrale in questa storia, appare solo nelle ultime pagine e di lei è fornita una descrizione sommaria che lascia molti interrogativi.

Si tratta comunque di una lettura consigliata per chi vuole ricordare e riflettere su uno dei periodi più bui della storia recente.

Il libro, pubblicato (finalmente) con licenza Creative Commons, può essere acquistato in libreria o scaricato gratuitamente.

30 agosto 2006

[Recensione] Nino Vascon, Ricordo perfettamente.


Ieri sera, forza del web, ho ricevuto un graditssimo commento alla mia precedente recensione di Golpitalia, il romanzo umoristico di Nino Vascon. Autore del commento è Marco Vascon, che mi informa che Nino vive in montagna ed è grato per aver citato i suoi libri.
Ci mancherebbe. Mi ha fatto sorridere, a volte addirittura ridere. D'un riso amaro, s'intende. Ma quanti "romanzi storici" (uso questo terribile termine da antologia delle medie) ci riuscirebbero?
E allora andiamo per (dis)ordine, scrivendo due paroline sul primo romanzo dell'autore, ovvero:

Nino Vascon, Ricordo perfettamente. Memorie di un funzionario. Rizzoli, Milano, 1973.

C'è da dire che Ricordo perfettamente non è la storia farsesca del fascismo ma la cronaca degli aspetti verosimilmente farseschi di quell'epoca, un mare agitato in cui personaggi cinici, grotteschi e caricaturali (quindi verissimi) navigano a vista senza mai affondare, attraversando tempeste e cambi di timoniere ed uscendone sempre illesi ed asciutti. Sua Eccellenza, il carismatico capo del Servizio, comanda a bacchetta i suoi imbranati agenti (Carmine Bellezza, Martorana e colleghi) in svariate missioni che altro non sono che la ricostruzione delle malefatte e delle imprese del bieco ventennio.

Il lettore rivive in queste pagine gustose l'ascesa al potere del Duce, i goffi tentativi colonialisti, i cambiamenti culturali e sociali del Paese durante l'epoca del consenso, quello stesso consenso indifferente e opportunista descritto da Moravia.

La conquista dell'Albania e l'alleanza con la Germania nazista (atti oggettivamente gravissimi e violenti) vengono visti dalla porta di servizio, e la storia con s maiuscola diventa una storia piccola piccola, fatta di uomini pavidi, di ordini mal compresi, di improvvisi cambiamenti di rotta e di donne che fanno calare più di un paio di brache. E anche la tragedia e l'orrore diventano farsa, si sfaldano, si destrutturano, riuscendo addirittura a strappare un sorriso.

Carmine Bellezza ascolta, esegue, riporta, ma con distacco e con cinismo: ha dedizione ma non ha fede, è zelante ma non assorto. Così, ad ogni stormir di fronde, eccolo pronto a cambiare bandiera, a dire signorsì ad un altro signore (ma obbedendo sempre a Sua Eccellenza, epifenomeno di una classe dirigente camaleontica immune al tempo e alla storia) e portando sempre e comunque la pellaccia a casa. Senza mai sottrarsi ai piaceri della belle epoque.
Nei libri di Vascon non c'è traccia di eroe, e nemmeno se n'avverte il bisogno: perché gli eroi periscono per una causa, mentre gli zelanti funzionari sopravvivono agli eventi, adeguandosi ai pruriti di questo o quel generaletto.

Ricordo perfettamente e Gopitalia sono, indiscutibilmente, una storia d'Italia, anzi: la cronaca delle storie piccole che hanno fatto, disfatto (e all'occorrenza rifatto) l'Italia. E sono libri che andrebbero letti. Trovarli non è facile: Golpitalia prendeva polvere in un Mercatino dell'usato, in mezzo agli Harmony e ai Paperino. Ricordo perfettamente l'ho comprato su Ebay. Se li trovate, ne vale la pena.

Immancabile conclusione ovvero pensierino d'attualità. Non stiamo vivendo un'epoca così diversa da quella descritta dall'autore. Tra spie, politici, ministri, calciatori e giudici c'è poco da stare allegri. Chissà se Nino Vascon, guardando le Dolomiti dalla finestra di casa, non ci regalerà il terzo capitolo della saga di Carmine Bellezza?