27 settembre 2012

Manopole MVTEK: tanto grip e prezzo OK.


Un po’ come accade per le coperture, anche alla scelta delle manopole giuste si arriva per prove e opinioni; molto dipende dal nostro stile di guida piu’ o meno aggressivo, dal tipo di attivita’ (escursioni in montagna, giornate nei bike park o percorsi cross country), dalla dimensione delle mani e anche dalle caratteristiche che riteniamo prioritarie (ad esempio la robustezza, il grip, la massima leggerezza).


Dopo aver provato un po’ di manopole di tipo tradizionale (quelle che si infilano e sfilano a pressione per intenderci) , ormai da qualche tempo uso quasi esclusivamente manopole di tipo lock on che, a fronte di qualche grammo in piu’ hanno indubbi vantaggi quali la facilita’ di montaggio / smontaggio e la presa affidabile al manubrio. C’e’ anche il plus estetico: la maggior parte dei produttori offre una scelta abbastanza varia di colori dei collarini in alluminio per fare accostamenti cromatici con altri componenti o con le grafiche dei telai.

Per un po’di tempo ho utilizzato manopole lock Specialized con cui mi sono trovato relativamente bene per il grip offerto e il comfort anche nelle discese lunghe; hanno, tuttavia, due difetti: la gomma molto morbida si consuma rapidamente ed e’ soggetta a lacerazioni (per cadute o operazioni di carico/scarico dalla macchina); inoltre i tappi forniti in dotazione mi sono sempre sembrati di fattura un po’ debole. Difetti veniali, se non fosse che questi articoli si sostituiscono regolarmente e che qualche soldo lo costano.

Recentemente ho comprato le MVTEK lock on. Guardandole sul web, mi hanno convinto i colori disponibili (le cercavo blu per l’accostamento cromatico con il telaio LaPierre) e il prezzo molto invitante (8 euro); come dicono gli inglesi, “at this price you can’t go wrong!”. Per materiali, feeling e durata non restava che la prova sul campo.


Appena arrivate, ho apprezzato la confezione: solo cartone riciclabile, niente blister di plastica, niente chiave a brugola “inclusa” (che si paga, e poi chi non ne ha i cassetti pieni dopo anni di bici?); i materiali appaiono di buona qualita’ cosi’ come anche l’anodizzazione; il logo MVTEK e’ invece impresso in maniera leggermente imprecisa.




Il corpo delle manopole e’ realizzato in kraton, un polimero sostitutivo della gomma naturale; al contatto e’ sufficientemente morbido e la superficie presenta una lavorazione a zigrinatura fitta, con una disposizione originale: pr meta’ della lunghezza la zigrinatura e’ inclinata di 90°, per l’altra meta’ a 45°. L’interno e’ in plastica, liscio e scorrevole, senza sbavature di lavorazione, mentre i collarini sono in alluminio, e si bloccano come di consueto con due viti a testa cava esagonale. I tappi sono proprio ben fatti, flessibili quanto basta per essere montati nei manubri, con alette che non si rovinano al secondo montaggio. L’operazione di montaggio al manubrio e’ quella consueta.

Sul piatto della bilancia. Non sono la scelta d’elezione per i grammomaniaci, ma nemmeno un mattone: la bilancia si ferma a 115 grammi la coppia (con tappi).


Grip. Una bella sorpresa: nonostante il materiale utilizzato non sia morbidissimo al tatto, il grip offerto con un normale paio di (vecchi) guanti e’ ottimo; anche a mani nude, dove molte manopole tendono a diventare scivolose per via del sudore, hanno dato un buon feeling. Probabilmente la doppia inclinazione della zigrinatura incrementa il grip. Sono pure facili da lavare con la spugna!

Resistenza. Finora l’usura e’ contenuta e uniforme. Non ci sono zone deformate o rovinate per l’uso (di solito, sulla parte superiore mi accade in prossimita’ del punto di unione tra il palmo e l’anulare) e sembra che il kraton sopporti bene anche i traumi consueti (caricare e scaricare la bici dalla macchina, appoggiarla a muretti o a terra, qualche scivolone di rito ecc.) I tappi (evviva!) se ne stanno al loro posto e quando li ho smontati e ispezionati non ho trovato alette rotte o troppo storte.

Comfort. Qui e’ un fatto tutto personale, perche’ abbiamo tutti mani diverse. Nell’ambito delle lock on, le trovo confortevoli anche nelle discese lunghe e veloci: zero formicolii o intorpidimenti (tipicamente tra palmo e pollice). 

Difetti riscontrati. Ad esser pignoli, la grafica del logo MVTEK potrebbe essere piu’ precisa.

Giudizio complessivo. “At this price you can’t go wrong” e’ riduttivo. Non c’e’ solo uno dei prezzi migliori che si possano trovare (nei negozi e in rete) ma una qualita’ costruttiva e di materiali senz’altro interessante; un prodotto senza fronzoli, essenziale e che fa (benissimo) il suo lavoro.

21 settembre 2012

Test e recensione: CTK Light Sganci Rapidi Ultralight MTB

Quando ho venduto la mia mountain bike front ho dovuto salutare anche molti componenti con cui l’avevo personalizzata, tra cui una coppia di sganci rapidi CTK Light 2012.


La front è stata subito rimpiazzata da una full da 130 mm, usata ma in gran forma. Dopo una veloce messa a punto, ho iniziato a sostituire alcuni componenti usurati o poco “personali”: i dischi di primo equipaggiamento hanno ceduto il posto ad una coppia di Ashima Aro con spider rosso; la scelta dei sganci rapidi è venuta di conseguenza ed è stata facile. Siccome “squadra che vince non si cambia”, sono rimasto in casa CTK Light e ho preso una coppia del nuovo modello 2013.


Rispetto a quelli comprati l’anno scorso, questi sganci presentano leve di forma più tradizionale, larghe e forate.

Dal punto di vista dei materiali, l’asse è realizzato in titanio grado 5, mentre le leve, i riscontri e gli snodi sono in alluminio 6061-T6 anodizzato (rispettivamente in colore rosso e oro).

Chi vuole approfondire la conoscenza di questi materiali, può trovare utili questi documenti:

Gli assi hanno un passo standard M5 e lunghezze 114 mm per il perno anteriore e 153 mm per il perno posteriore. Per facilitare lo scorrimento e lo sgancio delle leve, tra lo snodo e il riscontro è stata posizionata una rondella in nylon.


Le finiture, l’anodizzazione e gli accoppiamenti sono di livello elevato, con un aspetto estetico molto gradevole. L’asse in titanio, oltre ad essere leggero e resistente alla trazione e alla fatica, ha il grande pregio di non ossidarsi né arrugginirsi, a differenza della maggior parte degli assi in acciaio. È un vantaggio non da poco perché negli sganci comuni l’ossido indebolisce il materiale e si trasferisce sul mozzo.


La prova della bilancia. Gli sganci sono leggerissimi, lo si sente maneggiandoli: il peso rilevato è di 43 grammi la coppia, quindi in linea con quello dichiarato dal costruttore.

Il montaggio. Trattandosi di un componente molto comune, non vi è alcuna difficoltà nel montaggio. Nella chiusura si rileva una minima flessione delle leve che però appaiono robuste e ben costruite, senza giochi. Le filettature sono realizzate con precisione. I riscontri si serrano facilmente grazie alla zigrinatura e grazie alle dimensioni ridotte, una volta a battuta nel forcellino del fodero, non ingombrano né sporgono facilitando l’accesso a viti e manopole di regolazione (ad esempio rebound o threshold del blocco).








Problemi riscontrati. Nessuno.

La prova su strada. Pur non essendo i classici sganci heavy duty, questi CTK Light sono costruiti per essere robusti; l’asse in titanio contribuisce alla rigidezza, nell’ambito dei QR da 9 mm. L’anello di nylon protegge l’anodizzazione nelle ripetute operazioni di apertura e chiusura delle leve. La finitura resiste bene ai “traumi” tipici dell’uso in MTB.

Rapporto qualità/prezzo. Ottimo. Sotto i 30 euro per la coppia, prezzo molto competitivo per la qualità offerta.

Giudizio complessivo. Leggerissimi, resistenti, costruiti e rifiniti con cura; costano come un paio di sganci rapidi in acciaio di fascia intermedia. Disponibili in più colori per personalizzare la bici. Packaging molto essenziale (una busta di plastica con etichetta).

17 settembre 2012

Test e recensione: Reggisella in alluminio CTK Light Sp13 Al

Se come il sottoscritto siete alla (costante) ricerca di componenti affidabili, leggeri ed esteticamente gradevoli per “upgradare” la vostra bici, sono certo che questo reggisella in alluminio possa incontrare i vostri favori.



Analisi complessiva. Prodotto dalla taiwanese CTK Light, di cui sono già soddisfatto e fedele cliente, è realizzato in alluminio 7075 T6 (noto come Ergal) anodizzato in nero o in rosso (il mio prossimo acquisto per il muletto!); la superficie del tubo presenta una sottile zigrinatura a linee parallele, una lavorazione adottata anche da altri costruttori per incrementare tanto il grip del collarino (evitando scorrimenti verticali nel tubo del telaio) quanto la resistenza a graffi ed usura causati da eventuali imperfezioni o sbavature nella superficie interna del tubo del telaio.

La parte esterna della culla è invece lavorata a superficie ruvida con una resa leggermente più opaca rispetto al corpo del reggisella. La viteria fornita è in titanio. Completano la dotazione l’attacco della viteria, non integrato nel tubo ma realizzato con una barra cilindrica passante dotata di o-ring in gomma, e le due ancorine filettate che accolgono le viti di serraggio.




Ad una attenta osservazione emergono la pulizia e la precisione della manifattura, priva di sbavature o irregolarità visibili ad occhio nudo, e la precisione degli accoppiamenti tra tubo e testa.
La linea, come in altri prodotti CTK Light, è minimale e sobria: le grafiche si limitano al logo dell’azienda, alla scala graduata per la regolazione in altezza, ai valori di serraggio (espressi sia in Nm che in Kgf.cm, per chi dispone di una chiave dinamometrica) delle viti e al verso di montaggio; le scritte sono incise al laser con precisione.


La prova della bilancia. In linea con la filosofia CTK Light, il reggisella SP13 è leggero: il modello 31,6 x 400 mm (il più grande tra quelli disponibili) fa fermare la bilancia a 197 grammi , il peso rilevato è conforme a quanto dichiarato dal costruttore (195 grammi per il modello da 30,9 mm).

Il montaggio. Dopo questa disanima su materiali e lavorazione, procediamo con l’installazione della sella. L’operazione preliminare, sempre raccomandata, è quella di controllare che l’interno del tubo del telaio sia pulito e liscio; se sono presenti sbavature di metallo della lavorazione, è sufficiente passare un foglio di carta abrasiva a grana fine (100-200) per eliminare le scabrosità che possono graffiare la superficie del reggisella. Per il montaggio, personalmente, preferisco prima inserire il cannotto reggisella nel tubo del telaio e poi, assicurando la bici al cavalletto da officina, montare la sella.


È sufficiente allentare una delle due viti in titanio per liberare il morsetto. Con un po’ di attenzione, si posizionano i binari della sella nelle parti scanalate della testa e quindi li si assicurano con le due ancorine filettate. Rispetto ad altri reggisella dotati di morsetto integrato sulla culla, questo CTK Light richiede un minimo di attenzione in più nel posizionamento delle ancorine e nella chiusura delle viti, ma non è un’operazione difficile.
Quando la sella è posizionata sulla culla con le viti appena strette, è possibile procedere con le regolazioni fini, ovvero: arretramento/avanzamento e inclinazione. Circa l’arretramento, preferisco la sella in posizione centrale (la maggior parte dei binari dispongono di scala graduata per un corretto posizionamento).




Per l’inclinazione in genere si usa la bolla: con la bici appoggiata su una superficie piana (ad esempio il pavimento del garage) si appoggia una livella a bolla sulla sella e la si regola fino alla posizione orizzontale. Sebbene la livella a bolla sia più che sufficiente ed affidabile, sarebbe stata utile un’indicazione goniometrica in corrispondenza della testa del reggisella.




La presenza di una scala graduata sulla parte posteriore del tubo è utile per regolare e ricordare l’altezza della sella. Il montaggio non presenta difficoltà e la regolazione si completa velocemente. Da montato ha una linea molto sobria, semplice.

La prova su strada (e fuoristrada). Il cannotto reggisella è un componente fondamentale della bici: determina l’altezza della sella, deve essere solido, confortevole, resistente ai graffi, all’acqua; deve essere, almeno per me, costruito con tolleranze bassissime per scorrere senza incertezze (ma senza scivolare) nel tubo del telaio.

Dopo un po’ di giorni di prove, il bersaglio è centrato: le viti del morsetto sono ancora strette e non necessitano interventi, l’inclinazione è perfettamente “in bolla”, segno che l’accoppiamento tra la culla e il tubo è ottimale; le ripetute regolazioni dell’altezza, necessarie nei percorsi alpini, non sembrano intaccare la superficie anodizzata del tubo, grazie anche alla lavorazione a zigrinatura; pietre e acqua non hanno lasciato segni. Il comfort è quello che ci si aspetta da un prodotto in alluminio. In una parola, ci si dimentica di averlo se non quando lo si guarda.

Rapporto qualità/prezzo. Decisamente favorevole; è difficile, quasi impossibile, trovare prodotti equivalenti per qualità dei materiali (come le viti in titanio), livello di finiture e peso ridotto nella zona dei 50 euro. È senza dubbio uno dei punti di forza di CTK.

Problemi riscontrati. Nessuno.

Giudizio conclusivo. Come detto, un componente tanto cruciale quanto solido e affidabile, costruito con cura e durevole nel tempo. Leggero, ben rifinito, con un prezzo molto interessante. La viteria in titanio e la zigrinatura sono un plus. L’indicazione goniometrica sulla testa potrebbe aiutare nella regolazione dell’inclinazione, ma è una mancanza da poco.

12 settembre 2012

Smartphone, anche Amazon rilascia il proprio terminale?


Questi giorni sono caratterizzati da un susseguirsi di rumors, a quanto pare molto attendibili, dell’imminente ingresso di Amazon nell’agguerrito e affollato mercato degli smartphone.
La notizia, per la verità, rimbalzava già da qualche settimana, e non sono mancate analisi particolarmente puntuali e condivisibili: ma ora un articolo pubblicato su The Verge porta a pensare che il lancio possa avvenire a brevissimo.
D’altronde è notizia ormai assodata che Amazon stia intrattenendo da tempo rapporti con il costruttore Foxconn; a questo si aggiunga che Amazon ha già sondato il terreno dei dispositivi smart con due classi (ben distinte): il Kindle, nelle sue varie configurazioni ed evoluzioni, e il Kindle Fire, un tablet basato sul sistema operativo Android anche se pesantemente customizzato.
Sono cliente Amazon da anni, prima sullo store americano (organizzando le spedizioni con qualche collega in trasferta negli USA) e poi su quello italiano, da cui mi rifornisco praticamente per tutto, dai regali di Natale per gli amici agli attrezzi da cucina; usufruisco di molti servizi Amazon, come Cloud Drive. Ritengo quindi di conoscere bene l’azienda e il suo ecosistema.
Credo pertanto che Amazon, che è oggi probabilmente il più grande, fornito ed efficiente marketplace di beni materiali, immateriali e servizi IT, possa trarre alcuni interessanti benefici dal lancio di uno smartphone; ci sono però alcuni punti delicati e meritevoli di attenzione.
Iniziamo con i pro di questa azione commerciale.
1. Innanzitutto, come già accennato, Amazon ha acquisito una discreta esperienza sia con lo sviluppo di dispositivi elettronici connessi (Kinlde) che con i rapporti con i Telco (l’accordo con AT&T per la connettività 3G del Kindle negli Usa). L’esperienza si è allargata con lo sviluppo di Fire, un tablet con schermo a colori e OS Android 4.0. E proprio Fire è indicato come la buona base di partenza per lo sviluppo di uno smartphone.
2. Amazon ha realizzato e consolidato uno dei più potenti, capillari, affidabili e riconosciuti (ma il termine corretto sarebbe trustedcanali di distribuzione di beni materiali e immateriali, con esempi di successo di distribuzione esclusiva (Kindle), tanto efficace quanto potenzialmente pericolosa. Un vantaggio competitivo significativo per la vendita di un nuovo smartphone.
3. Come correttamente suggerito da un articolo pubblicato su Business Week, Amazon non è obbligata a realizzare profitti dalla vendita di uno smartphone col proprio brand; può venderli anche in perdita. Uno smartphone non è il core business aziendale, bensì un canale privilegiato, abilitatore e facilitatore per la distribuzione di contenuti e la vendita di beni (il sistema operativo Android, privo delle legacy tipiche di altri OS, è un ulteriore elemento di facilitazione); per citare Free! di Anderson, Amazon può applicare il modello di business inaugurato cent’anni fa con i rasoi Gillette (o le stampanti a getto di inchiostro), ovvero sussidiare il terminale per realizzare profitti dai contenuti. Si tratta di un secondo vantaggio competitivo rispetto ad altri costruttori i cui profitti dipendono dai volumi di vendita dei terminali.
In sintesi, la scelta di Amazon, corredata dalle giuste partnership (ad esempio Nokia per la fornitura di mappe e servizi di navigazione), può rilevarsi un buon successo, ma è innegabile che l’azienda dovrà fare i conti con alcuni punti aperti. Vediamo quali:
1. Nell’arena degli smartphone combattono, senza esclusione di colpi (recentemente più che altro nelle aule di tribunale…), gladiatori del calibro di Apple, Samsung e (in tono minore, ma con il Lumia si sta rifacendo un nome) Nokia. Nessuno di loro è intenzionato a perdere terreno e cedere i propri affezionati clienti all’ultimo arrivato; anzi il loro obiettivo è di fare piazza pulita, e molti obiettivi sono stati raggiunti, dei nomi consolidati della industry.
2. Se da un lato Amazon ha siglato un buon successo con Kindle, non possiamo dare per scontato che l’esperienza acquisita, pur importante, si possa applicare tout court allo sviluppo e alla produzione di un dispositivo complesso come uno smartphone. È sufficiente pensare agli errori progettuali e strategici, anche macroscopici, commessi in passato dai grandi costruttori: solo per citarne due, i problemi elettromagnetici dell’iPhone 4 o il non corretto posizionamento dei terminali Nokia con OS Symbian, a lungo sospesi tra il segmento feature phone e quello smartphone.
3. Quando si tratta di acquisti on line di libri, musica, elettronica di consumo, orologi, abbigliamento e gadget in genere, Amazon è il brand più riconosciuto e affidabile (trusted): non ha concorrenti in termini di rapidità ed economicità della spedizione, gestione del magazzino e dei resi, presentazione e recensione dei prodotti. Ma quando si parla di smartphone, il discorso è diverso: il consumatoretech savvy riconosce Apple, Samsung, Nokia, LG Mobile, RIM… ma quali sentimenti e aggettivi assocerà al marchio Amazon?
Un terreno non facile, insomma, ma anche una sfida che, se accolta con la giusta strategia, può portare a risultati interessanti non solo per i soggetti coinvolti direttamente: si tratterebbe di un modello innovativo di distribuzione, un ecosistema completo e complesso il cui driver principale è il più forte marketplace on line del mondo.
Non resta che attendere la comunicazione ufficiale alla stampa: nuovi rumors non mancheranno.

Originariamente pubblicato su Voices.

16 agosto 2012

Late summer riding :-)

La mia fida Dawg mi ha tenuto compagnia per i sentieri delle montagne svizzere. E basta un occhio un po' allenato per trovarne sempre di nuovi e divertenti, a pochi metri dai track del bikepark (comincio a sentirmi vecchio quando vedo ragazzini scendere a bomba e provare nuovi trick sui drop).
Meteo superfavorevole, anche troppo secco (il park è polvere come il far west), pochissimi compagni di viaggio ma va anche bene così, per meditare nella solitudine del bosco, scendendo lentamente, copiando con delicatezza e rispetto ogni pietra e ogni radice.
Perché se si corre si perde l'odore intenso della resina che sgocciola piano dagli abeti.

25 luglio 2012

Vi consiglio due libri.

In queste settimane sono stato abbastanza fortunato da leggere due saggi veramente ben scritti e coinvolgenti su tematiche che mi affascinano molto: l'impatto dell'uomo sull'ambiente e l'alimentazione. Se volete leggere qualcosa di impegnato (senza essere troppo impegnativo) e che vi faccia riflettere su aspetti che ci riguardano sempre più da vicino, con questi titoli andate sul sicuro.

Michael Pollan, Il dilemma dell'onnivoro (versione per giovani adulti). 
E' un libro molto conosciuto, soprattutto tra negli USA, e ampiamente recensito per cui rimando ai link in basso per approfondimenti. L'autore ricostruisce e racconta l'evoluzione dell'industria alimentare soprattutto in America e in Europa, analizzando la catena di vita del cibo, dalla coltivazione e dall'allevamento fino al piatto finito, servito (spesso) in un fast food o venduto nei banchi di un supermercato, svelando al lettore tutti i costi indiretti e nascosti legati alla produzione e alla distribuzione del cibo nel moderno ciclo industriale; accanto a questa analisi, propone e valuta modelli alternativi, quello del "bio industriale" e quello del "bio a km 0", una tendenza che si sta diffondendo sempre di più anche in Italia. Una lettura coinvolgente che spiega il lato oscuro di molti processi industriali della produzione del cibo (e fa passare la voglia di pranzare da McDonald's).


Per approfondimenti: recensioni: 1 e 2 , Scheda del libro. Di questo saggio, ho scoperto, è disponibile anche una versione completa, più lunga e probabilmente con un taglio meno divulgativo.

Il saggio è citato sovente nel documentario  Food, inc.  (in Italia Cibo SpA), ecco il trailer ufficiale.


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Alan Weisman, Il mondo senza di noi. 
Il libro mi era stato raccontato brevemente e consigliato da un amico, e la sinossi mi aveva convinto a comprarlo. Vi rimando, per i dettagli a Scheda e recensione.
Il filo conduttore del saggio non è pedissequamente, come si potrebbe evincere dal sottotitolo, una visione complessiva del mondo alla nostra improvvisa e totale scomparsa ma un'analisi approfondita, documentata e corredata di testimonianze scientifiche importanti di quello che accadrà a tutto ciò che abbiamo costruito, creato, modificato e abbandonato sul pianeta: dalla coltivazione all'allevamento di animali domestici, dalle infrastrutture alle dighe, dagli impianti industriali agli ecosistemi che abbiamo pesantemente modificato con la nostra presenza.


Si apprezza molto l'approccio rigoroso e scientifico che prevede per ogni aspetto l'intervento e la consulenza di esperti dei vari settori (tecnici, accademici, ricercatori, scienziati ecc) che, sulla base di dati, modelli , simulazioni ed esperienza, aiutano l'autore a tracciare scenari, la maggior parte davvero inquietanti.

24 luglio 2012

Chamois - Cheneil, Val d'Aosta

Bellissima traversata alpina in Val d'Aosta, seguendo in sostanza questa traccia, con partenza dalla funivia di Buisson fino alla località di Chamois, e da qui risalita -- con un lungo tratto di portage -- fino al colle des Fontaines a quota 2700, punto di partenza per una lunghissima discesa su su single track di quasi 1500 metri di dislivello, quasi tutta molto tecnica ed impegnativa: ostacoli, pietre smosse, tornantini stretti, fondo coperto di vegetazione.



















Qui il percorso interattivo realizzato su Everytrail partendo dalla traccia registrata con il GPS.

Chamois - Cheneil, Val d'Aosta


10 luglio 2012

Quest'estate sotto l'ombrellone...

...anche nelle mani di chi non è mai andato oltre la Gazza (per lui) e Confidenze (per lei).




Azzardo anche i commenti sul bagnasciuga:
"E' così coinvolgente!"
"Ne parlavano tutti, ero curiosa di leggerlo"
Scommettiamo?

(Tre anni fa c'era Dan Brown o giù di lì, per il resto cerco di stare alla larga dalle spiagge).

Se mi cercate per smentirmi o complimentarvi (a seconda dell'umore), mi trovate nascosto dietro qualche palloso saggio di storia contemporanea.

25 giugno 2012

Inizio di stagione freeride a Bardonecchia: il video!

Un bell'inizio di stagione freeride sabato al bike park di Bardonecchia, soprattutto per la nuova traccia a Melezet. Rispetto all'anno passato, adesso il park è un po' più grande e vario; lato Campo Smith il dislivello è interessante. Le strutture in legno potrebbero essere di più, in questo Salice è un esempio.
Nel complesso, una grande giornata: cielo privo di nuvole, terreno molto compatto e asciutto, molte facce note che fa piacere incontrare.
Ero titubante a caricare la Spicy sui ganci della seggiovia e a lanciarla in discesa tutto il giorno. E' andata bene: nemmeno un graffio. Mi è mancata un po' della rassicurante pesantezza della Stinky, che sugli scassati veloci ha sempre dato il meglio di sé, ma sui rilanci non c'è competizione.
Nota di colore, un tratto della 9D l'ho percorso su una Santacruz Nomad 2012: un riferimento; l'anteriore pareva incollato a terra, ma anche il carro mi è sembrato rigido e stabile, anche in assenza di perno passante.

Qui sotto il video. Avevo moltissimi minuti di girato (una decina di discese tra mattina e pomeriggio); ho cercato di tagliare il più possibile ma alla fine è venuto un video piuttosto lungo; qualche piccolo disallineamento dei testi (intermedi e dei titoli di coda) e della colonna sonora, ma sono soddisfatto per l'inquadratura (attacco alla mentoniera dell'integrale) e la mitica stabilizzazione GoPro. Nessun editing video né effetti.