28 ottobre 2013

Velvet underground.

Terminato un breve ma intenso slalom tra i post che, sul web e i social media, magnificano il compianto Lou Reed, vorrei portare all'attenzione di chi legge l'ultima non memorabile opera dell'artista newyorchese, frutto di una collaborazione con gli ormai finiti (*) Metallica: LuLu.


Un'ora abbondante, che pare un secolo trascorso in ginocchio sui ceci di fantozziana memoria, di suoni striduli del tutto inutili e prossimi al rumore; una bieca operazione per la serie "Io sono io e quindi faccio quello che mi pare"; prima di tutto, un gesto di scarso rispetto nei confronti di fan e consumatori.

E' solo questo Lou Reed? Certamente no. E' quello che tutti i TG e i profili Facebook hanno ricordato con brani storici, concerti epocali, trasgressioni, collaborazioni ispirate. Ma Lou Reed è stato anche questo.
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(*) L'ho già scritto e lo ripeto. Per me i Metallica sono finiti con And Justice For All. Gli album successivi nemmeno li prendo in considerazione. Figuriamoci queste marchette.

17 ottobre 2013

Mezzanottemezzogiorno - erano gli anni '90.

Anche se non sono mai stato un frequentatore di discoteche, ho ascoltato e seguito con passione la musica trance progressive, con il suo innovativo campionario di suoni, ritmi, deejay, vocalist, personaggi. E' stato un detour dalla mia educazione rock e blues, ma sentire la cassa in quattro e ricordare le favole di Franchino incise su audiocassette duplicate mille volte ancora mi emoziona.
Ieri sera ho visto Mezzanottemezzogiorno (pagina Facebook) di Andrea Bertini, un ottimo docufilm che ricostruisce il movimento progressive dalla genesi sulla riviera toscana con l'Imperiale, ai suoni di Regia Mania del Duplé agli epigoni del The West.
Lo consiglio vivamente perché il film è ben strutturato, ricchissimo di contenuti dell'epoca, di interviste ai giorni nostri e, ovviamente, della migliore musica progressive anni '90.

13 ottobre 2013

Condove - Alpe Ghet.

Escursione autunnale in bassa Val di Susa, con partenza da Condove e salita dalle borgate di Giagli, Pralesio, Mocchie, Gagnor, sulla strada comunale dell'Alpe fino all'Alpe Ghet, attraversando il bosco già spruzzato della prima neve. Meteo buono quasi tutto il giorno, solo una pioggerella nell'ultimo tratto di discesa su mulattiera verso Condove.

nei pressi di Borgata Gagnor
Nei pressi di Dravugno
L'ultimo tratto del bosco prima dell'Alpe
L'ultimo tratto del bosco prima dell'Alpe
In prossimità dell'Alpe

Qui il fotoalbum.
Qui il percorso e la traccia GPX su EveryTrail

Condove - Alpe Ghet


03 ottobre 2013

Siccità e inondazioni: la credibile fantascienza di Ballard.



 
Quest'estate mi sono fatto attrarre da due titoli di fantascienza di unos crittore che ho molto apprezzato per romanzi innovativi come Crash, Supercannes, Il condominio: si tratta di Terra bruciata e Il mondo sommerso di James G. Ballard, parte della trilogia degli elementi.
Chi legge Ballard sa che le storie si articolano in genere secondo una struttura collaudata e un po' prevedibile: un contesto o evento scatenante (sconvolgimenti climatici in cui il pianeta è deserto o ricoperto dagli oceani); il protagonista, di solito uno scienziato o dottore, che diventa leader cognitivo e motivazionale di un gruppo assortito di personaggi, in cui la distinzione tra buoni e cattivi muta nel corso dell'opera; una vicenda o una serie di iniziative volte ad affermare la volontà dell'uomo su un destino che sembra inesorabile.
Terra bruciata e Il mondo sommerso non si sottraggono a questo rassicurante schema né hanno pretese di veicolare messaggi di particolare profondità ma hanno, a distanza di decenni dalla pubblicazione, due grandi meriti.
Il primo è la inalterata attualità del tema: i cambiamenti climatici con i loro effetti devastanti dovuto alle attività dell'uomo. Il secondo è la forza narrativa che, soprattutto in Terra bruciata , trova un'elevata espressione, tanto angoscianti ed opprimenti sono le immagini di apertura del romanzo.
Ballard non chiude mai
Due titoli da riscoprire, che ancora oggi coinvolgono il lettore.

29 settembre 2013

Liutai a Torino, c'è una novità.

Stavo cercando in rete un laboratorio di liuteria dove effettuare la manutenzione della mia chitarra acustica; i nomi dei professionisti a Torino li conosciamo un po' tutti nel giro: Mari, Voodoo Factory, Alvermann.
Ma ho scoperto che da inizio 2013 c'è Liutai a Torino, un nuovo laboratorio, nato dall'unione dei maestri Giorgio Avezza e l'argentino Rodolfo Cucculelli, entrambi nomi noti nella liuteria moderna e classica. Cercate su Google e troverete le loro apprezzate realizzazioni.
Li ho contattati per email per richiedere semplicemente il setup della mia Seagull e sono stato subito stupito dalla velocità della risposta ma soprattutto dalla grande disponibilità. Quando sono andato a trovarli nel loro laboratorio, lo stupore ha ceduto il passo all'ammirazione e alla fiducia; nonostante fossero impegnati nella creazione di strumenti ben più pregiati della mia acustica, mi hanno accolto con calore e hanno ascoltato con attenzione la mia richiesta; hanno analizzato la mia Seagull senza preconcetti né sufficienza, ma con molta modestia, come chi deve sempre imparare qualcosa, e sono intervenuti in un baleno, "così puoi tornare a casa con la tua chitarra".
Volevano fare felice un appassionato di chitarre, un po' imbranato e intimorito, e mi hanno fatto imbracciare due esemplari di chitarre acustiche appena realizzate, e mostrato alcuni lavori in corso. Era forse la prima volta che provavo strumenti di liuteria ed è stato straordinario sentire tra le mani e sul corpo la varietà di frequenze e la nitidezza del suono, oltre alla vista di legni pregiati che nemmeno conoscevo.
Se condividete con me la passione per gli strumenti e soprattutto per questo straordinario mestiere, capirete la mia emozione nel parlare con questi maestri, nella loro semplicità e immediatezza.
Insomma, una visita due volte positiva, perché mi hanno messo a posto la chitarra con grandissima onestà e perché ho trovato un nuovo riferimento.

25 settembre 2013

Sollecito, dal crowdfunding ai Caraibi.

Il biondino del caso di Perugia lo avevamo lasciato qualche mese fa a racimolare soldi per sostenere le spese processuali tramite un'azione di crowdfunding, accompagnata da un accorato appello. Oggi lo troviamo a rilassarsi su una spiaggia di Santo Domingo. Ospite di un'amica a spese zeo, fa sapere dal suo profilo Facebook (popolato, com c'era da immaginarsi, di messaggi non proprio cordiali).
Beato lui? Mah, mica tanto, alla fine.

16 settembre 2013

Zac Crain , Dimebag. La storia di Darrell Abbott.

Sono passati quasi dieci anni da quando una serie di colpi di pistola esplosi in un club hanno messo fine alla vita spensierata, geniale, produttiva e positiva di Darrell Abbott, uno dei migliori e più completi chitarristi rock, un ragazzo che, tra uno shot di whisky e una birra, ha cambiato le regole dell'heavy metal e ha contribuito a creare non solo i Pantera, uno dei gruppi più innovativi e dirompenti della scena rock degli anni 90, ma ha scritto alcuni tra i più veloci, aggressivi ed incisivi brani che si siano mai ascoltati.
Zac Crain ripercorre in questa biografia, scritta con l'immancabile registro delle biografie rock (il giusto equilibrio tra crescita musicale, vicissitudini professionali e aneddottica colorita), la vita di Darrell "Dimebag" Abbott, del fratello Vince e dei Pantera, dagli esordi nel più classico garage alla fine, una delle pagine più drammatiche ed insensate del grande circo del rock.
Darrell è sempre stato noto per il carattere buono, estroverso, generoso e positivo: anche all'apice della carriera, quando era finalmente riconosciuto come uno dei migliori chitarristi del mondo, non si è mai preso troppo sul serio né ha assunto atteggiamenti odiosi da rockstar: Crain ricostruisce moltissimi episodi della vita personale, della musica, dei rapporti con gli sponsor (Dean, Washburn ecc.) e con le migliaia di fan, amici, conoscenti che hanno avuto la fortuna di incorociare la strada di questo straordinario musicista.
Questa biografia ha il pregio, tra l'altro, di non affidare al lettore una visione semplicistica e manichea della vita dei Pantera, con i suoi buoni (gli Abbott, i fan ecc) e i suoi cattivi (per molti: Phil Anselmo); un quadro obiettivo e preciso, insomma e una lettura completa, scorrevole, accuratamente documentata.

12 settembre 2013

Carlo Verdone, La casa sopra i portici.

Canto fuori dal coro delle recensioni positive. Addirittura estasiate, commosse. No. Questo libro rafforza la mia convizione che gli attori, anche quelli bravissimi, non dovrebbero farsi tentare dall'ulteriore autocompiacimento di credersi grandi scrittori. Chi si ricorda Mal di parola di Vittorio Gassman? Terribile. Un polpettone superfluo, scritto con un atteggiamento saccente. E parliamo del grande Gassman.
Verdone non ne esce meglio. Sconfitto su tutta la linea, se non quella del profitto economico, probabilmente.
La casa sopra i portici risulta una sfilacciata collezione di ricordi: è esile e privo di mordente. Nonostante l'indiscutibile carisma e la popolarità di Verdone, che da soli dovrebbero essere un solido sostegno a questo progetto editoriale, il libro non riesce a coinvolgere il lettore nelle vicissitudini di una famiglia importante e di un'epoca straordinaria, che avrebbero meritato un narratore, se non un biografo, di altra caratura. Non è un romanzo, non sono racconti e nemmeno sketch, genere nel quale Verdone dà il meglio di sé. Ed infatti le uniche parti gustose sono i racconti della preparazione di sketch per teatro e cinema. Ma per il resto, poche paginette che si leggono in tre ore, chiedendosi il perché di questa superficiale operazione della memoria. Pazienza.