14 luglio 2016

Recensione Luminox Navy Seal Colormark BlackOut

Per il mio compleanno, mia moglie, che più di ogni altra persona conosce la mia passione pergli orologi, mi ha regalato un bellissimo Luminox. Si tratta del modello Blackout della serie Sea. 
Ecco qualche foto presa dal sito Luminox.




Quello che ha reso popolari gli orologi Luminox, oltre alle caratteristiche di robustezza e agli utilizzi in campo militare e sportivo, sono gli indici e le sfere luminosi grazie ai Night Vision Tubes; sono elementi luminescenti, realizzati dalla società svizzera MB Microtec usando il trizio, auto alimentati e teoricamente attivi per 25 anni.
La principale differenza con pigmenti come Luminova (creato da Tritec ed utilizzato dalla stragrande maggioranza di manufacturer per qualunque gamma e range di prezzo) o Lumibrite (creato ed utilizzato da Seiko) è che i tubi al trizio usati da Luminox non hanno bisogno di essere caricati da una sorgente luminosa esterna ed emettono luce 24 ore al giorno, in maniera costante, senza affievolirsi.

Il grafico seguente, preso dal sito di Reactor watches (che usano una tecnologia simile) mostra bene le differenze di luminosità nel tempo tra ampolle di trizio e Luminova.



In orologi notoriamente super luminosi come gli IWC Aquatimer o i popolari Seiko SKX, la luminosità è massima subito dopo essere stati esposti alla luce e decresce nel giro di 1-2 ore, rimanendo comunque visibile fino al mattino. Nei Luminox la luminosità emessa è meno marcata ma costante.
In questa foto, presa dal sito Luminox come le precedenti,viene mostrata la luminosità e i differenti colori degli indici: arancione ad ore 12, verde per tutti gli altri.
Questo articolo, infine, spiega bene la storia e la tecnica degli elementi luminescenti per applicazioni orologiere.


La qualità delle mie foto non è buona in quanto le ho fatte con il telefono in condizioni di luce non buone. 
Cominciamo dall'esterno. Viene fornito un bell'astuccio rigido in tessuto con chiusura a cerniera, utile anche per occhiali e altri oggetti.


All'interno si trova l'orologio con il vetro protetto da una pellicola trasparente, il libretto di istruzioni e una card.



L'orologio si presenta , come atteso e come da specifiche, in total black. Gli unici elementi chiari sono gli indici, le sfere e la data. Il quadrante è di un bel nero opaco mentre le ore in numeri arabi (in formato 12 e 24 ore) e le scritte sono in nero lucido; questo crea un piacevole contrasto.


L'aspetto è quello del diver, con ghiera girevole unidirezionale a 60 scatti e puntino luminoso ad ore 12, e corona protetta da spalle (crown guards). E' presenta la complicazione del giorno del mese.
Come tutti i Luminox è dichiarato WR 200 ma non certificato ISO 6425 (diver's), il che almeno teoricamente, non lo renderebbe idoneo ad immersioni con attrezzatura. Cionondimeno, sul sito Luminox la comunicazione è incentrata proprio sull'uso come equipaggiamento subacqueo a scopi militari e tecnici.
Apro una piccola parentesi sull'aspetto impermeabilità.
I puristi potrebbero storcere il naso su due caratteristiche della cassa: la corona è a scatto e non a vite, e il fondello è fissato con 4 viti anziché essere avvitato alla cassa.
Dal punto di vista dei materiali, le soluzioni adottate sono quelle corrette: non avrebbe senso avvitare una corona in metallo su un tubo in plastica né avvitare un fondo in acciaio ad una cassa in plastica; gli elementi plastici durerebbero ben poco. Credo invece che in Luminox usino guarnizioni di buona qualità (la corona ha un doppio sistema di guarnizioni) che, se sostituite regolarmente, assicurino l'impermeabilità della cassa anche in immersioni con bombole. Vorrei aggiungere:i dive computer Suunto, progettati e realizzati per immersioni con aria/nitrox, hanno la cassa in plastica e il fondo in acciaio fissato con due viti, non un fondello a vite. Mi sono immerso a 20 metri con orologi che non avevano la corona a vite e non ne ho mai allagato uno. Ergo: se le guarnizioni sono progettate bene e in buono stato, si può andare tranquilli.


La cassa, la ghiera e il fondello sono in materiale plastico rinforzato che rende l'orologio molto leggero.
Il vetro è invece minerale, caratteristica che lo dovrebbe rendere molto resistente a graffi ed urti accidentali nonché alla pressione dell'acqua.
Il movimento è al quarzo, probabilmente un Ronda 515.
La sensazione è comunque di una robustezza generale superiore ad altri orologi in policarbonato come gli Swatch.


Qui si vedono  chiaramente la corona e i crownguards.


Il fondo, come detto, è fissato con 4 viti; e trattandosi di una cassa in plastica non avrebbe potuto essere altrimenti: un fondello serrato a vite, tipico dei diver, avrebbe senso solo con l'uso dell'acciaio.


Il cinturino da 20 mm è in silicone (sul sito viene indicato silicone, gomma,poliuretano) ed è morbido, elastico e confortevole, con il logo Luminox sul segmento corto. L'esterno è zigrinato e l'interno è liscio. La lunghezza è sufficiente per qualunque polso e anche per indossare l'orologio sopra la muta.
Unico neo del cinturino, per ora, che non presenta spazi per facilitare lo smontaggio: non sono presenti fori nella cassa né i normali spazi per i leva anse. Lo smontaggio del cinturino potrebbe non essere semplice o causare graffi alla cassa.


Due le caratteristiche molto cool del cinturino: il sistema di blocco del primo passante (che ne evita lo scorrimento e lo tiene vicino alla fibbia), e la fibbia in acciaio Inox brunito a doppio ardiglione.


Al polso i sui 44 mm sono perfetti: mascolino senza essere extra large. E' leggero, confortevole e leggibile in qualunque situazione e condizione di luce (o assenza di luce).



Veniamo, infine, alla luminosità notturna. Purtroppo non ho scattato foto notturne ma se cercate su Google Luminox lume shot ne trovate quante ne volete.
Qui ne trovate una dell'affidabilissimo A blog to watch.


La luce emessa, come detto, non ha l'effetto "glows like a torch" del Lumibrite, ma è potente e vivace e, soprattutto, costante. Non si affievolisce durante la notte: quindi gli indici e le sfere dell'orologio sono sempre visibili, senza variazioni. Eccezionale, davvero efficace.

Pro:
  • Costruzione robusta
  • Aspetto gradevole e "stealth"
  • Leggero, confortevole
  • Perfettamente leggibile e visibile in tutte le condizioni e , soprattutto, al buio.
Contro:
  • Sostituzione non agevole del cinturino 

Verdetto finale: 9/10

Specifiche tecniche dal sito Luminox 
  • Function Time Date
  • Movement (technology) Quartz
  • Size of case diameter 44.00 mm
  • Case material Carbon reinforced PC
  • Case Bezel Rotating 1-Way Diver
  • Case Back Caseback with Screws
  • Crown Double-Security Gasket
  • Water resistance (m/ft/atm) 200 / 660 / 20
  • Crystal/Glass material Hardened Mineral
  • Strap/Bracelet material Rubber / Silicone / PU
  • Case Height 13.80 mm
  • Weight 56g

07 giugno 2016

Jeep Grand Cherokee: riparazione portaoggetti.

Quando si ha un veicolo vecchiotto si deve mettere in conto che qualche pezzo si rompa e che il ricambio sia irreperibile. E' esattamente quello che è successo alla chiusura del cassetto portaoggetti della mia Jeep WG del 2003: la maniglia si è staccata dallo sportello.
Ho smontato il meccanismo di apertura e chiusura dallo sportello che, da integro, si presenta come uno di questi:
Il problema è che il mio si presenta così:




L'analisi

Entrambe le asole dei supporti in cui passa il perno che collega la maniglia al meccanismo di apertura e chiusura (a molla) si sono rotte.

Ed ecco la maniglia staccata.


Qui si vede da cosa è composta la maniglia: un perno più un elemento elastico per il ritorno in posizione.
La parte interna della maniglia in plastica ha due elementi a forma di trapezio rettangolo che azionano il sistema di apertura, costituito da due perni a molla. Quando si tira la maniglia, questa fa rientrare i due perni a molla che liberano lo sportello.



Come detto, il ricambio originale, nuovo o usato, è irrintracciabile in Italia e in Europa. Zero anche presso i demolitori in zona. Cercando su ebay, trovo qualcosa di usato negli USA ma le spese di spedizione e dogana sono elevate.
Quindi l'unica soluzione possibile è riparare.

La riparazione

Per prima cosa con colla Loctite cerco di ripristinare le asole originali incollando i piccoli frammenti di plastica. Questo però non è sufficiente per cui devo ricostruire le asole in qualche modo.
Dopo un'attenta analisi decido di ricostruire le asole creando due piccoli riporti in lamiera sottile che ricavo sagomandoli da scarti di ferramenta (forse erano accessori di una piccola mensola).
La lavorazione non è certo impeccabile ma la forma è quella corretta. Quindi con trapano e punte da metallo di grandezza crescente pratico due fori da 4 mm che costituiscono le asole vere e proprie.


Il passo finale è rifinire le parti: eliminare le sbavature con carta smerigliata, quindi inserirle tra due piastre di acciaio e pressarle dentro la morsa da banco per raddrizzarle il più possibile (durante la foratura si sono un po' piegate).


Posiziono i lamierini nella parte interna dei supporti di plastica in modo da ottenere due asole compatibili con i fori originali. Quando sono sicuro delle posizioni, incollo i lamierini ai supporti danneggiati con colla Loctite.
Ecco fatto: i supporti della maniglia hanno di nuovo due asole robuste.



Con un po' di fatica rimonto la maniglia riposizionando il perno che passa per le due nuove asole rinforzate.

Immagine un po' sfuocata ma lascia vedere l'asola fatta con il lamierino.

Ultimo passo: riposizioni anche l'elemento elastico che fa tornare la maniglia in posizione.




Ora non si deve far altro che rimontare tutto il sistema di apertura e chiusura all'interno dello sportello.

Dedico questo post al mio amico Giulio e al suo papà Enzo che, più di due decenni fa, mi insegnarono i rudimenti di morsa, lima, tenaglia. trapano e manualità.

07 aprile 2016

Braindamage - The Downfall


I veterani della scena metal torinese (e italiana) Braindamage, attivi da quasi trent'anni, tornano a sette anni dal loro ultimo lavoro di studio con un nuovo album -- The Downfall --, da poco annunciato alla stampa e disponibile sul mercato dal 18 aprile prossimo. La bella notizia è che uscirà per My Kingdom Music, un'etichetta indipendente: evento raro in Italia che certifica la qualità di questo lavoro.
Sono tra i privilegiati che hanno potuto ascoltare in anteprima The Downfall, e voglio spendere due parole senza la pretesa di scrivere una recensione da fanzine.
The Downfall è un concept album -- basato su un libro di racconti scritti dal bassista, cantante e leader storico Andrea Signorelli (un lavoro inedito, presumo: non ho trovato tracce in rete) -- complesso ed articolato, evidente frutto di un lungo lavoro di composizione, arrangiamenti, ricerca dei suoni; ma non per questo è un album ostico, faticoso: tutt'altro; mi sono accorto di ascoltarlo con rapita sorpresa, con quell'attenzione concentrata che -- quindicenne -- dedicavo al vinile o al CD appena acquistato con qualche rinuncia e, per questo, ogni nota, ogni battuta, ogni riff aveva un valore. (Un rito, questo, che, nella straripante, bulimica sovrabbondanza di contenuti e canali di oggi, ammetto di non essere quasi più in grado di perpetrare, e me ne dispiaccio; ma torniamo al disco).
Il metal dei Braindamage è puro, violento, energico, esplosivo, senza compromessi (tanto da essere spesso associato al sound di mostri sacri come i Voivod): three, four, accordature drop down, riff veloci, distorsioni enormi e doppia cassa, tanta. Le influenze spaziano dal thrash della Bay Area all'industrial metal al più moderno sludge. Un metal aggressivo ma al contempo colto, con cambi tonali e di tempo che non ti aspetti, e testi complessi, profondi. La qualità esecutiva è più che alta, è quasi sorprendente, e fa di The Downfall un album estremamente curato e professionale. Ha la complessità degli arrangiamenti dei Baroness, la potenza ritmica e il timbro vocale degli Slayer dell'età aurea, le chitarre dei Pantera e dei Converge messe assieme, ma con suoni migliori e, se possibile, ancora più pesanti.
Ascoltate insieme a me i due passaggi di doppia cassa nella seconda metà di "She can Smell the Fear of a surrendering Race" e nell'intro di "Subhuman's Town Merciless Obliteration"; concentratevi sul suono pesante e grave delle chitarre nei riff lenti; sentite nota per nota il giro di basso di "The shadow I cast is yours, not mine". Ascolto metal da oltre venticinque anni e, avete la mia parola, in The Downfall c'è tutto quello (e molto di più) che un appassionato di musica heavy desidera, si aspetta e vuole ascoltare: potenza, tecnica, energia. Un album da avere, da ascoltare a volume alto; da ascoltare, e speriamo presto, sotto lo stage.


Brain Damage - The Downfall
My Kingdom Music, 2016

Tracklist

1. Substituting Forgiveness With Mass Destruction
2. God Granted Your Prayers Through Nuclear Warheads
3. She Can Smell The Blood Of A Surrendering Race
4. I Owe You A Billion Years Of Terror
5. Subhuman's Towns Merciless Obliteration
6. Queen Acadienne's Floating Mirrors And Tarots
7. Last Of The Kings, First Of The Slaves
8. The Shadow That I Cast Is Yours, Not Mine
9. You Nailed My Soul I Burned Your Flesh
10. The Downfall Is Here To Stay, I Shall Fight Until The End

Il CD è disponibile in preorder presso My Kingdom Music a soli 10€*. 

Membri:
  • Gigi Giugno: Chitarre; 
  • Andrea Signorelli: Basso, voce; 
  • Alex Mischinger: Chitarre; 
  • Batteria played by Cosimo De Nola

* Comprarlo non è solo un piacere ma è un dovere morale per lenire le ferite inflitte alla musica da Gigi d'Alessio.

31 marzo 2016

Lilac Wine - The Acoustic Trio

E' con grande emozione e piacere che scrivo sul mio blog una bella notizia del nostro gruppo acustico. I No Hidden Fees, dopo un periodo (diciamo) di pausa, si sono profondamente rinnovati  nei contenuti, nella formazione, nel sound e anche nel nome che diventa Lilac Wine (un doveroso omaggio al cantautore Jeff Buckley che ha reso famosa questa canzone, ora parte del nostro repertorio).
Ecco il nuovo logo della band:


E abbiamo già la prima data: domenica 3 aprile saremo al Duke of Wellington di Torino con il nostro setup acustico.


Per ora non abbiamo ancora creato un sito ma gestiremo i contenuti e gli eventi attraverso la nostra nuova Pagina Facebook

Lilac Wine - The Acoustic Trio sono:
  • Virginia Piumatti voce
  • Giuseppe Piersantelli chitarra acustica
  • Ilario Gregori basso acustico

24 marzo 2016

Bonvissuto et al., Scena padre.


Anni fa un amico mi regalò I nutrimenti terrestri. Non è un libro per tutti, e non lo troverete tra le mani di un pendolare né su un asciugamano steso sulla spiaggia. Ci misi un bel po' a capire il motivo di quel regalo. In realtà era un messaggio: con quel libro voleva dirmi qualcosa. Ci arrivai quando gustai, riga dopo il riga il lungo, disperato, muto grido di rifiuto e di odio di Gide contro le famiglie tradizionali della società occidentale: entità atomiche, strutture chiuse, protette da profonde trincee scavate dalle convenzioni sociali che dicono, e impongono, cosa una famiglia deve e non deve fare per essere (silenziosamente) accettata e riconosciuta.
Non ho mai fatto mistero della mia scarsa empatia nei confronti del modello imperante di giovane famiglia della mia generazione, generalmente costituita da una coppia iper ansiosa impegnata a trasformare la propria prole in una sorta di feticcio da esporre, adorare, servire.
Diceva bene un mio compagno di scorribande solo pochi giorni fa: andare a cena con una coppia con figli è molto peggio che andare da soli, perché oltre ad essere ignorato, devi anche sopportare la patologica apprensione di due neo genitori con lo sguardo incollato alla culla o, peggio, ad un baby monitor.
Se non vi sembra lo spirito (il termine mindset sarebbe più appropriato) migliore per affrontare un libro che parla di padri e figli, vi sbagliate. So ancora mettere da parte i miei pregiudizi.
Poi c'era anche la fiducia e la curiosità nel nuovo contributo di Bonvissuto, scrittore che ho conosciuto, letto e riletto, e recensito per l'imprescindibile Dentro.
Scena padre, a dar seguito alle recensioni in rete (che sembrano un po' l'una scopiazzata dall'altra, ma forse è la mia consueta malizia), è descritto come un coro di voci (di padri)  che parlano dell'essere genitori e dell'avere figli.
Non è un coro: se avete qualche rudimento di teoria musicale (ma in realtà è sufficiente aver visto un raduno di alpini), capirete che Scena padre somiglia più ad un confronto tra solisti.

25 gennaio 2016

MEGADETH – Dystopia


Il 2015 si era chiuso con due grandi album: Purple dei Baroness e Repentless degli Slayer; e mentre questi album uscivano, crescevano l'attesa per il quindicesimo lavoro in studio dei Megadeth: Dystopia, uscito 4 giorni fa (per la Universal) dopo mesi di annunci e teaser sui social media e sui magazine di settore. Quindi appena ho potuto l'ho acquistato in versione CDRip su Amazon, l'ho trasferito nel mio fedele iPod del 2006, ho collegato le mie auricolari AKG e ho premuto Play.
Mi è piaciuto al primo ascolto: un album potente, ben strutturato, quasi rabbioso, finalmente convincente dopo alcune uscite non esattamente memorabili (United abominations, Super collider).
I brani sono la quintessenza del thrash metal, con riff veloci, una sezione ritmica impeccabile (affidata al veterano Ellefson e a Chris Adler) e la chitarra solista di Kiko Loureiro che farà sciogliere le riserve anche ai fan più scettici (quelli che magari ancora dicono: "quando c'era Friedman...").
La title track è eccellente, con un crescendo nella parte finale che, per potenza e tiro, ci riporta alle origini del thrash metal della Bay Area. L'intro di chitarra classica di Conquer or die crea una tensione elevata; ma poi si torna con il gain a 11 e velocità supersoniche, perché questo è thrash metal, bellezza; e se al calcio preferisci la carezza, lascia perdere i Megadeth.
Tutto il CD è curato nei minimi dettagli, dalle esecuzioni ineccepibili e precisissime, al missaggio e alle scelte di registrazione (ad esempio l'elevato livello delle parti vocali), ai suoni, sicuramente molto moderni.
Una nota a parte la meritano le parti vocali, non esattamente un punto di forza di Mustaine negli ultimi anni (soprattutto nelle sue perfomance dal vivo), e per due motivi: in primo luogo, il rosso vocalist sembra aver ritrovato l'intonazione e l'estensione vocale che sembravano ormai perdute; in secondo luogo, per chiarezza dei testi; Mustaine ha sempre avuto un'ottima dizione ma in Dystopia supera se stesso come se fosse preoccupato di far comprendere immediatamente le parole e i messaggi affidati alle canzoni.
Nonostante i recenti e frequenti cambi di line up, che non poco hanno influito sul sound del gruppo, con Dystopia i Megadeth sembrano aver ritrovato la carica, la rabbia e la creatività di Youthanasia se non, addirittura, di Killing is my business.